Daniela Alfarano lavora con la tecnica del disegno a grafite sviluppata direttamente su
tavola. Tutte le sue immagini, inutile dirlo di eccezionale bellezza, sorgono
perciò da uno sfondo nero. Quello sfondo richiama alla mente il vuoto dello
spazio, il silenzio del cosmo. Lo spettatore davanti alle sue
opere si immerge, in modo del tutto naturale, non solo nel silenzio di cui sono
pervase le sue creazioni, ma nel silenzio della sua stessa interiorità. Candele fiammeggianti, mani intrecciate nella preghiera, piedi sovrapposti, volti affollati di rughe, tutto si offre al nostro sguardo in modo da emozionarci. Le sue
colombe su sfondo nero si librano con grazia, da una parte all’altra di moderni
polittici, come a voler mostrarsi o a cercare la via di fuga dalla
geometria della cornice. Quei polittici un tempo sfolgoravano d'oro e figure di santi dell’iconografia cristiana e della liturgia religiosa,
narravano una storia, mostravano esempi edificanti. L’oro e le figure
ieratiche se ne sono andati da tempo. Come a dire che a noi, donne e uomini drenati dal senso più alto dell’esistenza,
frastornati non solo del chiasso quotidiano, ma della futilità intrinseca del nostro
vivere, sono rimasti solamente questo buio e questa assenza da colmare.
Marta Fumagalli è
una scultrice che lavora con materiali quali cera, legno o ferro. Anche le
sue creature ci trasmettono sensazioni di silenzio e mistero. Spesso sorgono da
un perimetro colmo di terriccio, e sono busti che paiono issarsi a forza di
braccia dall’impasto di terra alla luce. Non c’è niente di spaventevole ed
orrorifico, però, in queste figure, che non intendono scioccarci con la loro
vista: piuttosto richiamano alla memoria il destino dell’uomo che, dal fango,
lotta per ascendere e diventare angelo. Sono larve già ben modellate, riflettenti la luce, bianche e tenere per la materia di cui sono
composte. Spesso mancano di arti, superiori o inferiori, come se la loro
metamorfosi fosse incompiuta, e
necessitino del nostro sguardo e del nostro aiuto per
completare la loro nascita. A volte, invece di sorgere dalla terra, sono confitte nella parete, nell'ambiguità di un atto in cui non sappiamo se vogliono sprofondare o tirarsene fuori. La cera è uno dei materiali più duttili ed
instabili che esistano, non a caso penso che l’autrice l'abbia scelta per le sue creazioni.
Anche Marta Fumagalli ci suggerisce, nel suo modo personalissimo, tutta la
precarietà dell’esistenza umana.
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Negli ampi spazi della Fabbrica Borroni, convivono le opere delle tre artiste. |
Debora Garritani
si serve della fotografia e dell’autoscatto per presentarci lavori basati sui
corpi femminili. Questi, avvolti da veli, sembrano cadere dall’alto, simili a quei sogni dove si ha la sensazione di precipitare in un abisso. Non c'è supporto possibile per quei corpi. Anche i suoi sfondi
sono immersi nel buio, a far risaltare quei veli fluttuanti, quel
groviglio indistinto dove le membra sono spesso confuse con la stoffa e altri elementi che adornano la stoffa, su cui si stendono pennellate di luce ectoplasmatica. Le sue immagini sono oniriche, sensuali, spettrali, naviganti sulla superficie o nella corrente di un fiume che le deforma e le rende incerte al nostro sguardo. Spesso le
sue donne non rivelano il volto, che è coperto dal velo o dal panno, o manca
del tutto, sprofondato com’è nel buio. Nondimeno, alcuni punti di quei corpi
emanano luce, a rifletterla dall'esterno o a produrla da sé. Passano come fantasmi di cui non ci accorgiamo se non quando li vediamo, con
la coda dell’occhio, transitare accanto ad uno specchio, o in uno stato di
dormiveglia, quando i confini tra i mondi si fanno più labili.
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"The fall" di Debora Garritani stampa digitale su carta di cotone applicata su D-BOND, 2012 |
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