Il giorno 13 febbraio c’è stata l’inaugurazione della mostra
Spirito Italiano atto II presso la
Fabbrica Borroni con le opere di tre giovani artisti.
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Spirito Italiano atto II alla Fabbrica Borroni |
Vi invito ad accedere al link (http://www.spiritoitaliano.org/) per navigare e ammirare le opere di questi tre giovani talenti con i vostri occhi, o a farlo di persona se abitate nelle vicinanze. Nel frattempo vi propongo questo post con alcuni dei loro lavori. Buona visione!
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Guido Airoldi - Silenzio Manifesto -stampa fotografica su manifesto cm 70x100 - 2013 |
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Guido Airoldi - Silenzio Manifesto - stampa fotografica su manifesto cm 70x100, 2013. |
La serie di opere di Guido
Airoldi nasce dalla visione di un paesaggio che richiama quello delle
campagne appena fuori dalle città, nell’estrema periferia dove un tempo
pascolavano greggi di pecore, e che sono diventate lo scenario desolato per
tralicci dell’alta tensione, arbusti e sterpaglie polverose, sentieri malmessi
e muri semicrollati di abitazioni in disuso. Sono immagini viste come
attraverso il finestrino appannato di un treno, spesso immerse nella nebbia
rarefatta della pianura, corrugate nella superficie, invase da una tinta ocra
che richiama subito alla memoria l’ingiallimento delle vecchie fotografie. Ed è
precisamente la tecnica usata da questo artista che ci indica il cuore e il
senso del suo lavoro: l’utilizzo di immagini fotografiche e di manifesti
pubblicitari resi logori dal tempo, dalle intemperie e dall’inquinamento, in
sedimentazioni fossili urbane. Sono proprio gli stessi manifesti incollati su
muri e porte, tabelloni e spazi abusivi, che nessuno si cura di rimuovere, di
cui l’artista si serve. Egli li asporta, li pulisce, li lavora e li sottopone a strappi controllati per far emergere
un colore differente, una scritta, una macchia o una muffa. E siccome, per la
mia formazione personale e professionale, tendo ad immaginare un’opera
figurativa come “la copertina di un libro”, direi che i lavori di Guido
potrebbero ben rappresentare un romanzo sulla precarietà dell’esistenza, sulla
lentezza ormai perduta e sul passaggio del tempo.
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Diego Mazzaferro - Salamandra In Evidenza - pigmenti sabbie ad aspersione su tela velluto (millerighe) cm 140x98, 2012 |
Molti dei lavori di Diego Mazzaferro sono, invece, incendi in piena combustione, e non solo per la presenza della salamandra nel ciclo di opere a lei ispirate, quando le leggende di un tempo ritenevano l'animale in grado di sopravvivere al fuoco. In questa serie specifica, l’osservatore-lettore si trova davanti a superfici dove i colori caldi, il segno deciso con cui vengono tracciati, e l’uso di materiali quali sabbia, conchiglie, pezzi di legno, stoffa, irradiano energia e sembrano pulsare di vita propria. Il corpo dell’anfibio si snoda sulla tela, perso in un’irradiazione che diventa aureola di raggi, gamma energetica, spettro solare, fino al punto di fondersi, bruciare nell’incendio e scomparire con esso. Dalla superficie, emergono a volte parole, a volte occhi e profili di corpi appena distinguibili. Altri lavori invece richiamano il concetto del volo, con strutture composte da doghe di legno, a simulare chiglie di barche, oggetti totemici di manifattura indiana, enormi farfalle o penne remiganti di uccelli, come negli studi sul volo di leonardiana matrice, e comunque il senso del viaggio e dello spostamento. Nell’opera “Raphael”, ad esempio, le doghe sembrano voler simulare l’apertura alare dell’arcangelo, o il movimento circolare del mantello prima di librarsi verso l’alto. Colore, materia e movimento, quindi, si sposano in modo da produrre energia e investire lo spettatore di sé.
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Diego Mazzaferro - Raphael - pigmenti su superficie doghettata in cartone vegetale compatto applicata su pannellato in legno, cm 346x135, 2006 |
Quello che più mi ha colpito di Davide Paglia è la sua provenienza dal mondo dei fotolitisti e
degli stampatori, e quindi anche il suo recupero di materiali di scarto
industriale su cui lavorare, quali banner in pvc, alluminio, carta fotografica,
legno. In lui l’urgenza espressiva si esprime attraverso il gesto di macchiare
la tela con il colore, schizzarlo, farlo colare, sgocciolare, stenderlo con
pennelli grossi e l’uso delle dita, e a molti osservatori sarà forse venuto in
mente per comparazione anche Jackson Pollock, e la sua tecnica del “dripping”.
Nelle opere di Davide le pennellate e le colature sembrano rincorrersi, in una
furia crescente, e ricordano, se poste su una superficie nera traslucida come
la carta fotografica, le costellazioni, le galassie, le polveri stellari, le
esplosioni cosmiche; ancora, una partitura musicale
con l’emissione vibrante delle note da parte di uno strumento
invisibile. Ogni pennellata, ogni filamento, ogni goccia richiama quindi qualche
altra cosa, in una sorta di caos controllato dove tutto ha pari importanza e
non esistono categorie, e dove il segno vuole travolgere il perimetro del
supporto e andare oltre il suo limite.
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Davide Paglia - Istinto - tecnica mista su pellicola fotografica cm 104x82, 2011 |
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Davide Paglia - Istinto - acrilico su alluminio cm 95x49x9, 2010 |
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