Il principe aperse la porta, e un latrato assordante risuonò nella stanza: cinque enormi molossi, col collo chiuso da un collare irto di punte di ferro, e i denti acuminati protesi ad azzannarli, si lanciarono contro gli sposi abbaiando ferocemente... per fermare la loro corsa davanti ad Aldebaran, scodinzolando e uggiolando di gioia e abbassandosi sul pavimento. Lyra, che aveva sobbalzato di spavento all'inattesa accoglienza, si aggrappò allo sposo quando quelle fiere le si accostarono, annusandole le vesti e mostrando i denti. “A cuccia,” intimò il principe e gli animali, con gran sollievo della fanciulla, si allontanarono brontolando in un angolo della stanza.
In quel mentre, il pavimento di pietra risuonò d’un passo pesante. Un giovane tarchiato, e assai trasandato d’aspetto, comparve sulla soglia d’una seconda porta, e là s’arrestò.
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Alboino re dei Longobardi |
"Aldebaran, fratello mio!" esclamò, enfatico, allargando le braccia. Avanzò verso il principe e gli diede un forte abbraccio, abbraccio che fu ricambiato con la consueta calma. “E questa è Lyra degli Innocenti,” constatò Fomalhaut, ponendosi le mani sui fianchi e volgendosi, a gambe divaricate, verso la fanciulla. “Sei davvero bella come dicono,” commentò, sorridendo ritorto, dopo averla squadrata da cima a fondo . “Benvenuta nella tua nuova famiglia,” aggiunse, e la giovane si inchinò reverentemente, come si fa davanti ad un sovrano. Fece per aprir bocca e dire qualcosa, quando: “Ed ora, tutti a tavola! La cena è pronta,” intimò egli, con un tono che mostrava quanto fosse poco avvezzo a ricevere ospiti. Senza dar loro il tempo di cambiarsi e sistemarsi, li precedette verso la sala da pranzo.
***
“Anche i denti di Fomalhaut sono aguzzi come quelli dei suoi molossi,” pensò Lyra, osservando il re mentre mangiava. “Ed il naso è umido e sensibile come quello d’un cane,” aggiunse, sempre mentalmente, sentendo montare dentro di sè un crescente ribrezzo. Accanto a quei denti aguzzi, che strappavano la carne dall'osso, e la masticavano con forza, per poi lacerarne nuovi brandelli fino a spolparlo del tutto, erano le dita tozze, dalle unghie nere, che giravano e rigiravano il cosciotto d’agnello. Al mignolo della mano sinistra, Fomalhaut portava un anello d’oro con il simbolo del regno inciso, di squisita fattura, ma sia il prezioso metallo sia la bellezza della lavorazione erano velati dall'olio che vi colava sopra. Pure il mento del re dei Crudeli era ornato d’una barba rada, assai più chiara di quella di Aldebaran, ch'era quasi corvino, e malcurata, e l’olio
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I Tetrarchi - Venezia, p.za S. Marco foto di Giovanni dall'Orto, 2007 license Creative Commons |
Davanti a lei era seduta la regina Denebola – sposa del re, e perciò sua cognata – la quale mangiava chiusa in un silenzio indifferente. La donna aveva accolto gli sposi senza pronunciare alcuna parola di benvenuto, e s’era lasciata baciare da Lyra senza opporsi, ma senza nemmeno mostrare gioia o curiosità. Aveva capelli del colore e della consistenza della stoppa, un incarnato pallido, a tratti smorto, e l’occhio spento. Nelle mani che sbucavano dalle ampie maniche del vestito, e toglievano pezzi di carne dall'osso, pigramente, pareva non circolasse alcun sangue. L’unico segno della sua regalità era una semplice coroncina d’oro che le cingeva la fronte, da cui pendeva un gioiello a forma di fiore, e quell'ornamento prezioso era come un diadema posto sulla testa d’un uccello spelacchiato.
“Denebola è gravida,” annunciò Fomalhaut in tono trionfale, pulendosi la bocca col dorso della mano. La regina non sollevò, nemmeno allora, lo sguardo dal suo cosciotto, ma a Lyra sembrò di notare un lieve rossore spandersi sulle guance pallide. “Vi faccio i miei auguri,” disse Aldebaran con pacatezza, levando il boccale. Fomalhaut si sdraiò sullo scranno quant'era lungo, levò a sua volta il boccale colmo di vino all'indirizzo della cognata e, con la bocca piena, disse: “Propongo un brindisi al prossimo concepimento, cioè al tuo, Lyra.” Invece d’esser lieta dell’auspicio, la giovane sposa si sentì urtata dal tono di eccessiva familiarità con cui era stato pronunciato. “Sarà un maschio, lo sento,” chiosò il re, e strizzò l’occhio in direzione del suo gemello.
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