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Creazione del Mondo IV di Mikalojus Konstantinas Ciurlionis (1906) |
Si curvò a scrutare il viso del piccolo dormiente e, a quel movimento, Antares sbadigliò smisuratamente, e aperse gli occhi. Ancora gonfi di sonno, essi errarono, confusi, finché non incontrarono il viso che li sovrastava. Per un pezzo sostarono su quella fisionomia, quasi ne fossero affascinati, poi una piccola mano spuntò dal mantello, schiuse le dita e si levò, incerta, fino a sfiorare la barba di Aldebaran. Il mago sorrise, lasciando che il figlio gli esplorasse i lineamenti, giocasse con la barba e gli tirasse i capelli. Poi, in uno di quei mutamenti d’umore così tipici dei bambini, la bocca del piccolo si contrasse in un vagito come se stesse per piangere... il mago sollevò l’indice e il medio della mano sinistra, e all’istante Antares si rasserenò, sorrise, chiuse gli occhi e sprofondò di nuovo nel sonno della magia.
Allora, il Mago del Nord si alzò, scese i gradini di pietra, entrò nel doppio Cerchio Magico. Con un movimento della bacchetta vi tolse la pozza generata dalla neve sciolta, deviò i fiocchi che ancora scendevano, e depose il bambino addormentato nel centro esatto del cerchio. Poi, ritornato al trono di pietra, si pose davanti al leggio, aperse il volume dalla copertina scarlatta e alzò la bacchetta magica. Una luce brillante, originata dalla bacchetta, bucò le tenebre, si diresse sul bambino, lo avvolse. Antares seguitò a dormire, ignaro e fiducioso, mentre i fiocchi di nave, cadendo dal cielo, scivolavano ai suoi lati come sull'orlo convesso di una cupola invisibile che lo proteggeva, ma, al contempo, lo teneva prigioniero.
***
La principessa Lyra saliva le scale circolari, scale che, avvolgendosi su se stesse come il guscio d’una lumaca, conducevano in alto, nel cuore della Torre della Magia, e la sua lunga veste si trascinava sui gradini di pietra, passo dopo passo. Dopo una salita che interminabile, ella giunse alla sommità della Torre e si trovò davanti ad una porta. Rimase un attimo immobile, in preda al batticuore. Non era mai entrata prima, perché, nonostante le sue promesse, Aldebaran non ve l'aveva mai condotta. Infine pose la mano sull'anello di ferro, e spinse... senza emettere il minimo scricchiolio, la porta le si aperse dinnanzi, ed ella entrò e sostò.
Fairy Tale (III)
di Mikalojus Konstantinas Ciurlionis (1907)
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aria, entrando, illuminavano due Cerchi Magici, incisi al centro della stanza. Attorno a lei, il muro mostrava una superficie priva d’abbellimenti. Quattro finestrelle, corrispondenti ai punti cardinali, s’aprivano a distanza regolare fra loro, e lasciavano filtrare un debole chiarore. La principessa si mosse cautamente lungo i cerchi, attenta a non entrarvi e a non sfiorare, neppure con l'orlo della veste, le parole magiche incise fra l’uno e l’altro, ed osservando, invece, il trono di pietra posto a settentrione. Accanto ad esso, era una piccola ara, su cui erano posati degli oggetti rituali – un pugnale, una coppa, una bacchetta e un pentacolo. Riconobbe quegli oggetti, poiché li aveva visti fra le mani della madre, anche se Mira non le aveva mai permesso di toccarli. Sette volumi dalla copertina scarlatta erano impilati accanto agli oggetti e, per un attimo, la principessa fu tentata di avvicinarsi, aprire e sfogliare le pagine di quei tomi, ma una sensazione indefinita, come di pericolo, le si insinuò nell'animo ed ella desistette dal suo proposito ancor prima, quasi, di formularlo. Non v’era altro, nella stanza.
Decise di andarsene. Tornò sui suoi passi, costeggiando i Cerchi Magici, si volse, diede un’ultima occhiata alla stanza e, rassicurata, si chiuse la porta alle spalle. Ignorava che il primo di una lunga serie di rituali era finito. Che, seduto sul trono di pietra, Aldebaran l’aveva guardata per tutto il tempo, invisibile, e che il piccolo Antares seguitava a dormire, anche lui invisibile, al centro del cerchio.
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