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La copertina del romanzo, edito dalla casa editrice Meravigli |
Innanzitutto, ecco la quarta di copertina: Milano, seconda metà del Trecento. Un solo trono, due pretendenti: Gian Galeazzo, ambizioso, scaltro e risoluto rampollo della famiglia Visconti, e Bernabò, suo zio, il terribile e spietato ammazzapreti, fustigatore del popolo. Pronti a tutto per conquistare il potere, indiscusso e totale. Una rivalità destinata a diventare scontro senza esclusione di colpi, tra congiure e intrighi, esecuzioni e duelli, incantesimi e tradimenti, invidia e sangue, amore e odio. Trame oscure scandite da antiche leggende e intessute nell'ombra da Tasso, aromatario in fuga dai fantasmi del suo passato, e da Libista, cuoca prestata alla stregoneria per saziare la sua sete di vendetta. La resa dei conti, tra Vipera e Diavolo, non tarderà ad arrivare. E sarà per la vita o per la morte. In palio, oltre allo scettro, la gloria imperitura. Oppure l'eterna dannazione.
Siamo in un periodo storico dove sul vasto territorio del Milanese regnano due esponenti della luciferina famiglia Visconti: Bernabò, signore della parte orientale di Milano e dei territori che si estendono fino ai confini della Repubblica di Venezia, e Gian Galeazzo, che governa la parte occidentale di Milano e gli altri territori occidentali, inclusa Pavia dove ama risiedere, ereditati dal padre. Esattamente come nella spartizione di territori e potere delle famiglie malavitose, così si presentano a noi i due Visconti. I due protagonisti dello scontro non potrebbero essere più diversi, come a voler paragonare un animale a sangue caldo (Bernabò) e uno a sangue freddo (Gian Galeazzo).
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Monumento funebre di Bernabò Visconti, opera di Bonino da Campione (1363) - Al Castello Sforzesco di Milano - Foto di Giovanni Dall'Orto |
È un osso duro da tutti i punti di vista, e non a caso è stato soprannominato "il diavolo", sia dall'autore nel romanzo sia in alcuni episodi dell'epoca che lo vedono protagonista. L'autore difatti inserisce nella narrazione inserti desunti da novelle e leggende del Trecento e Cinquecento sulla figura di questo signore milanese, e che gli offrono l'escamotage per raccordare la narrazione.Celebri nei resoconti, ad esempio, sono i cinquemila cani che Bernabò teneva come gran cacciatore, e che però, non potendo mantenere di persona, distribuiva tra i suoi sudditi che dovevano crescerli ben pasciuti ma non troppo, pena punizioni severissime. Nel palazzo milanese di Bernabò ce n'erano talmente tanti che la sua abitazione era stata soprannominata la Ca' di Can. Un'altra celebre testimonianza è l'incontro di Bernabò accanto al fiume Lambro con i due delegati papali, incaricati di portargli la bolla di scomunica, e che, davanti alla scelta tra finire nel fiume Lambro, probabilmente annegati, o mangiare il foglio ("la foglia" del noto detto), preferirono inghiottire i cartigli, con sigilli, cordicelle e tutto.
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Gian Galeazzo Visconti, ritratto attribuito ad Ambrogio De Predis |
Ad attorniare i due protagonisti, tratteggiati in maniera straordinaria per psicologia, coloro che li spalleggiano e che riattizzano la corsa al potere, e all'estromissione e abbattimento del nemico, o vogliono vendicarsi per i torti subiti. Leggiamo così della moglie di Bernabò, Beatrice Regina della Scala, amata dal marito al punto da imporre ai suoi sudditi un anno di lutto stretto, e quindi il vestire di nero, dopo la sua morte, e della madre di Gian Galeazzo, l'ambiziosa Bianca di Savoia.
Ma c'è anche l'agire esplicito o, più spesso, nascosto dei personaggi cosiddetti minori, capitani di ventura, cavalieri, mugnai, streghe, alchimisti, aromatari, frati e inquisitori, vescovi, mercanti e truffatori, ladri e prostitute, astrologi, che ci restituiscono un quadro vivacissimo e crudo dell'epoca. Era un'epoca dove la vita contava poco o nulla, e si era sottoposti alle angherie e alla crudeltà del potente di turno. Tuttavia essa ha contribuito a rendere straordinaria Milano e il territorio milanese con castelli, fortificazioni, cinte murarie, e opere ingegneristiche come l'innovativo ponte di Trezzo sull'Adda.
Mi hai stregato con questo post. Quello che descrivi è un periodo che conosco molto poco, cosa che adesso mi sembra un peccato capitale. Leggerò
RispondiEliminaGrazie, Antonella. Ci ho lavorato parecchio perché il romanzo merita. Era da moltissimo tempo che non mi entusiasmavo così per un romanzo storico!
EliminaFai veramente venir voglia di leggere tutti i romanzi che recensisci! Ci vorrebbe la libreria infinita.
RispondiEliminaBravissima.
Grazie del commento, Isabel! Come puoi immaginare, sono una specie di macchina da lettura, ma recensisco solo quelli che mi convincono fino in fondo. Questo romanzo è davvero appassionante, e sta prendendo piede con il passaparola. A parte l'indubbia bravura dell'autore, la sua fortuna è che è anche molto legato al territorio lombardo.
EliminaMi ha fatto piacere sapere qualcosa di più di questo libro, visto che me ne avevi parlato. Chissà se una allergica alla storia come me riuscirebbe a immergersi nella storia... tu cosa ne pensi? (Domandina da niente! Sei autorizzata a non rispondermi. ;) )
RispondiEliminaStoria con il bis... vabbè.
EliminaEh, ma è giusto come hai scritto: c'è la Storia e la storia, e spesso si confondono!
RispondiEliminaQuesto romanzo è stato giudicato da un collega, altro scrittore di romanzi storici, come una chicca per intenditori, soprattutto a causa degli inserti della novellistica sul personaggio di Bernabò. Non so. Il dato di fatto è che la casa editrice è alla quarta ristampa grazie al passaparola dei lettori, e vorrà pur dire qualcosa.
...e la lista si allunga... :)
Elimina;-) A proposito, dove tieni i libri da leggere, se posso chiedere? Anche tu hai un armadietto come il mio, che vive di vita propria?
EliminaHo tre scaffalature, dove i libri ancora da leggere di solito stanno in orizzontale sopra gli altri ad altezza cuore, in evidenza. Ogni tanto finisce che riordino e li inserisco tra gli altri, dicendomi "tanto me li ricordo". A quel punto sono perduti al mondo, fino a quando gli astri non me li fanno ripescare. Quindi il tuo armadietto è un'ottima idea, come anche uno scaffale dedicato.
EliminaCi sono frasi foriere di pericoli. "Tanto me li ricordo" è una. Un'altra è quando ti dicono sul lavoro: "noi siamo una grande famiglia", e la fregatura arriva... stile Visconti!
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