Gli ospiti di Letterariementi si avvicendano sul blog, e oggi è il turno di Eufemia Griffo con un articolo su un argomento da leccarsi i baffi. Eufemia ci parlerà di rivoluzione francese, dove come sapete mi trovo a mio agio come un topo nel formaggio. Lascio volentieri la parola a lei, che ci parlerà della celeberrima regina Maria Antonietta dandocene un taglio inconsueto.
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Vivere al di sopra dei propri mezzi lo fanno in tanti.
Morire nessuno…
G. Bufalino (scrittore italiano), “Il Malpensante”
Dalla lettura delle autorevoli biografie dedicate alla “Dauphine” ho ampiamente apprezzato soprattutto il tentativo di considerare Maria Antonietta da un punto di vista “umano”, mettendo in luce quelle che erano le caratteristiche della donna, della madre (molto meno della moglie), dell’amante, più che del suo ruolo di regina. Su Maria Antonietta esistono molteplici testimonianze originali scritte da chi la conobbe e la frequentò (su tutti le lettere di Fersen, le Memoirs delle Dames che facevano parte del suo entourage, come Madame Campan, Madame de La Tour du Pin…). Molti biografi di Maria Antonietta hanno dunque attinto a questi materiali preziosissimi che la riguardavano.
Negli anni che precedettero il 1789 le premesse per un cambiamento radicale erano in nuce visto il fervore che aveva suscitato negli animi delle classi abbienti e non la Rivoluzione americana; sappiamo infatti che la Francia partecipò attivamente con l’invio delle sue truppe a questo evento che cambiò il volto del nuovo continente.
A mio avviso – qui parlo di una considerazione del tutto personale, anche se supportata da pareri concordanti, certamente autorevoli rispetto al mio modesto punto di vista – fu Maria Antonietta che diede l’avvio a un cambiamento epocale, nel bene e nel male, fino ad arrivare agli eccessi della rivoluzione, agli anni del terrore. Perché altrimenti non farla prima una rivoluzione, visto il dispotismo esercitato dall’allora re Luigi XV, le misere condizioni di vita nelle quali versava il popolo francese che da secoli accettava il potere assoluto ed autoritario dei re senza fare nulla di “rivoluzionario”?
Fino a quel momento era considerato un sacrilegio discutere l’autorità del re, essere divino, il sacro, l’unto del Signore [2]: né il ceto nobiliare, né quello medio e tanto meno il volgo vessato osavano muovere accuse concrete contro questo status quo.
Finché non arrivò l’austriaca, la figlia della grande imperatrice Maria Teresa, che in seguito fu nominata in maniera diffamante “la cagna austriaca”, “Madame deficit” , “La Poule”. Si scatenò una campagna diffamatoria messa in atto in grande stile e di così vaste proporzioni, tramite pettegolezzi, chiacchiere e libelli scritti e illustrati, da raggiungere ogni strato della popolazione francese. Maria Antonietta fu quindi considerata la maggiore responsabile dell’impoverimento della nazione, odiata dallo stesso ceto nobiliare.
Eppure, prima di Maria Antonietta vi erano state altre donne potenti, come Madame Pompadour, la contessa Du Barry che certo in fatto di spese e di lussi non erano seconde a nessuno; tutti i re avevano il loro nutrito e costosissimo harem da mantenere e far spiccare… [3]
Tuttavia la regina era straniera, e, fece il gravissimo errore di volere esercitare un potere assoluto. Questo fu il suo primo errore: credere di essere amata dai sudditi senza variazioni nel tempo. [4] Il secondo errore fu quello di dilapidare un patrimonio ingente a danno dell’erario pubblico, con l’acquisto di abiti sontuosi e gioielli; di elargire cospicui emolumenti e pensioni ai nobili senza scrupoli che si affrettarono a fare parte della sua esclusiva cerchia di amici. Questo comportamento minò il rispetto e la fiducia con cui i francesi l’avevano accolta anni prima. Maria Antonietta aveva tutto, all’infuori dell’amore.
Fu data in moglie, ancora giovanissima, in nome della Ragion di Stato, al delfino di Francia, il futuro Luigi XVI, un uomo goffo e timido, tutt’altro che adatto a divenire re. Un uomo che trascorreva il proprio tempo in battute di caccia, a tracciare mappe geografiche o a costruire serrature.
La solitudine, la mancanza d’amore e di un’amicizia vera, la spinsero a diventare una donna frivola, amante del lusso. Eppure aveva avuto l’esempio di una madre grandiosa, di una regnante integerrima che tuttavia sacrificò, come era in uso fare, la sua figlia più bella alla causa della nazione. [5]
Per quel che concerne il campo affettivo di Maria Antonietta, siamo sicuri dell’amore del conte svedese Ans Axel conte di Fersen poiché sono state ritrovate alcune lettere che i due si scrissero [6]; siamo altrettanto sicuri del fatto che Maria Antonietta nutriva un’indubbia amicizia nei confronti della contessa di Polignac. Nei primi tempi ebbe l’appoggio delle tre sorelle del re, ma la storiografia ricorda come sua intima amica, la Principessa di Lamballe che le fu vicino anche nel Tempio della Prigione, per sua libera scelta. Amicizia che costò alla Lamballe, la morte. [7]
Viene da chiedersi se la regina francese ebbe mai un’amica vera e leale, una confidente delle sue pene amorose, qualcuno che la sapesse consolare per la perdita dell’amato primogenito, o qualcuno che la mettesse in guardia quando si improvvisava stratega e faceva accorrere a Parigi molti eserciti, anche stranieri, a presidiare la città.
O più semplicemente qualcuno che la mettesse con le “spalle al muro” e le facesse aprire gli occhi su ciò che la circondava.[8] D’altra parte Luigi XVI delegava il governo in toto ai suoi ministri e la sua nota passività mise in pericolo la sua vita e quella dei suoi familiari in diverse occasioni. Una passività marcata, al punto tale da delegare alla moglie le decisioni di maggior portata, oppure a prendere decisioni “suggerite” da terzi (su tutti sempre la regina) poco ragionevoli. [9]
Così accadde l’inevitabile quando qualcosa poteva ancora essere fatto. Tutte le promesse, le speranze che nacquero nel giorno dell’incoronazione di Luigi si dissiparono. [10]
La Francia cambiò e con essa i destini degli uomini: uomini che da adulatori divennero detrattori e infine decretarono la prigionia e poi la morte, prima del re e poi della sua odiata consorte. Negli ultimi giorni della sua vita, nella prigione del Tempio, quella che un tempo fu la regina di Francia, fu relegata in una cella buia, piccola e maleodorante; spogliata della sua identità (la prigioniera 280) e dignità (costretta a spogliarsi e a fare semplici gesti quotidiani davanti agli occhi sempre fissi di un carceriere).
Nonostante questo trattamento, Maria Antonietta mantenne la propria dignità fino all’ultimo momento della sua vita. Nel momento peggiore, dopo essere stata trasportata con le mani legate, i capelli recisi da un sudicio coltello verso il patibolo, si mostra alla folla assetata di sangue e urlante, in tutta la sua fierezza e regalità.
Senza rimpianti, senza lacrime, anzi sussurrando, dopo avere pestato il piede del boia un “Pardon Monsieur, non l’ho fatto apposta”. Davanti all’ineluttabilità della morte ciò che rimane vivido nella mente è l’immagine, ben evocata nelle biografie, di una donna sola che ha perduto tutto, di una donna con i capelli bianchi che non avrà nemmeno una tomba dove qualcuno potrà portare un fiore (infatti il suo corpo venne buttato in una fossa comune). [11]
“Guarda come precaria e misera è la condizione dell’uomo: ieri embrione, domani mummia o cenere. E dunque questa briciola di tempo che ti è concessa vivila secondo natura e separati dalla vita serenamente, come l’oliva matura che cade benedicendo la terra che l’ha portata su di sé, e rendendo grazie all’albero che l’ha fatta maturare” (Marco Aurelio, imperatore romano 12-180), in “Ricordi”, IV; 48)
Eufemia Griffo
NOTE
[1] Mi baso in modo particolare sulla lettura di alcuni testi dedicati a Maria Antonietta, come quello di Castelot e di C. Erickson; ma anche da commenti e riflessioni raccolti da Internet, nelle varie sezioni dedicati a personaggi storici (vedi Cronologia.it).
[2] A proposito della tragica fine di Luigi XVI leggiamo: “Eppure la quiete che regnava nelle strade, la tranquillità della folla erano, almeno in parte, frutto del silenzio imposto da un reverente timore. Il re era un essere sacro, l’immagine di un unto del Signore, il padre un tempo amato, una creatura a parte diversa da ogni altra. E adesso quell’essere stava per essere distrutto” in Carolly Erickson “Maria Antonietta” Ed. Oscar Mondadori.
[3] In questo senso Luigi XVI fu senza dubbio un’eccezione, poiché non emulò la baldanza amorosa di Luigi XV che era ben noto in tutte le corti europee per lo scandaloso e sfrenato libertinaggio verso le sue favorite.
[4] Ricordiamo che Maria Antonietta venne accolta dall’Assemblea Nazionale nel mutismo più assoluto. Solo in quel momento si rende conto che è soprattutto lei il vero bersaglio dell’odio dei tre ceti.
[5] Intorno alla metà del XVIII secolo due colossi dominavano il continente europeo: la Francia e l’Austria. Entrambe le nazioni possedevano vasti territori e spesso erano in conflitto tra loro. Tuttavia in quell’epoca la rivalità tra i Borboni e gli Asburgo venne attenuata proprio dal matrimonio tra Maria Antonietta e Luigi XVI. Quest’alleanza costituiva anche una sorta di scudo contro il potere della Gran Bretagna e della Prussia.
[6] Fersen teneva diari che comprendevano un bel po’ d’informazioni sui regnanti francesi; nel 1791 li affidò a un amico che giudicò prudente darli alle fiamme (pensate che perdita incalcolabile per gli storici).
[7] Infatti si legge nel libro della Erickson che la Lamballe, dopo avere fatto un viaggio presso i suoi parenti, tornò dalla regina che era prigioniera; fu poi catturata per decisione dell’Assemblea nazionale, ghigliottinata e letteralmente fatta a pezzi.
[8] Luigi XVI di indole bonaria e sinceramente amante del suo popolo in realtà non seppe mai pienamente comprendere quali erano le reali necessità dei suoi sudditi e naturalmente nemmeno Maria Antonietta.
[9] Si pensi all’allontanamento dal consiglio dei ministri del banchiere svizzero Necker il quale in quanto ministro delle finanze, nel 1781, nel documento Compte Rendu, enucleò le spese folli, gli incredibili sprechi sostenuti dalla corte francese. Egli era amato dal popolo e quando venne licenziato dalla corte, questo fatto rese ancora più forte l’astio dei francesi nei confronti dei regnanti.
[10] Al contrario di Maria Antonietta, sua madre Maria Teresa d’Austria ebbe sempre a cuore il benessere dei sudditi sul quale si basava la longevità di una monarchia; nei suoi scambi epistolari Maria Teresa ricordava sempre questo aspetto alla figlia che naturalmente non lo tenne nella debita considerazione.
[11] Foscolo, nel successivo secolo, assunse la tomba nel carme “I Sepolcri”, quale momento della vita dell’uomo e collocò per così dire i sepolcri dentro lo sviluppo umano, come primo segno di civiltà che distingue l’uomo dalla belva, come distintivo dell’uomo il quale onora nelle tombe la memoria dei suoi cari e desidera anche lui a suo tempo vengano tributati gli onori funebri, per mantenere viva l’illusione della mortalità.
FONTE IMMAGINI: Wikipedia
Chi è l’autrice
Eufemia Griffo è laureata in pedagogia e insegna alla scuola dell’infanzia.
Esordisce come scrittrice nel 2005, con un racconto vincitore di un primo premio internazionale. Ha vinto premi di narrativa e di poesia. Molti suoi racconti e poesie sono contenuti in numerose antologie. Nel 2014 scrive “L’eredità di Dracula. Liriche gotiche sull’amore oltre il tempo”, una rivisitazione poetica del romanzo di Bram Stoker, primo premio Leandro Polverini e una recensione su Panorama.
Appassionata di haiku, nel 2017 vince quattro primi premi, e nel 2019 il primo premio internazionale “Blith Award international”. Membro della prestigiosa British Haiku Society, pubblica i suoi haiku nelle migliori riviste internazionali. Nel 2020 è la prima autrice italiana pubblicata sulla rivista americana “Living haiku anthology”. Nell’aprile 2020, la sua biografia è apparsa su un noto blog americano.
Nel dicembre 2022 riceve per il sesto anno consecutivo il diploma internazionale di “Haiku European TOP 100“.
Nel 2018 pubblica con Le Mezzelane “Sagome di carta. Le streghe di Triora”, il suo primo romanzo storico, seguito nel 2021 da “Da lontano, Venezia. I viaggi di Marco Polo” e nel 2022 da “Il vento delle Highlands racconta”.
Nonostante i suoi tanti errori trovo difficile separare ciò che viene tramandato su di lei da ciò che veramente costituì il suo carattere e i suoi atteggiamenti, in quanto fu soggetta a una campagna denigratoria senza precedenti, capro espiatorio predestinato di tutto ciò che la monarchia francese rappresentò durante la Rivoluzione.
Hai detto bene, Gianpiero. Purtroppo ci sono persone che si trovano nel posto sbagliato al momento sbagliato, e Maria Antonietta ne è il classico esempio. Ricordo di aver letto che quando Luigi XV morì, e si andò dal Delfino e dalla Delfina per annunciare loro che erano i nuovi sovrani, essi s’inginocchiarono e dissero: “Che Dio ci assista, siamo troppo giovani per regnare.”
Per sua madre doveva diventare i suoi occhi e le sue orecchie dentro la corte francese. Finì per trasformarsi nella Autrichienne, l’austriaca che gioca con la finale chienne, quindi la cagna, per giunta straniera.
Va detto che proprio per il fatto di essere una donna, finì per portare su di sé tutte le colpe del mondo, in un’epoca complicata. Chiaramente, anche quelle che non le appartenevano.
Le sono state attribuite nefandezze di ogni tipo, anche frasi che erano state abbinate a molteplici altre donne prima di lei. L’hanno mandata a morire, dopo averla umiliata profondamente, in mezzo all’odio di una folla ubriaca e assetata di vendetta.
Maria Antonietta ha rappresentato l’ennesima pedina nei giochi di ruolo matrimoniali che erano prassi comune all’epoca. Nonostante l’amore di sua madre Maria Teresa nei suoi confronti, la ragion di stato veniva prima di ogni altra cosa. Il genere di vita che conduceva in Francia, poi, equivaleva a una gabbia dorata dove arrivava ben poco del mondo esterno (e a volte mi domando quanto, anche a noi, possa giungere rispetto ad alcune situazioni che non conosciamo…). Il primo vero faccia a faccia tra Maria Antonietta e il popolo fu durante le giornate del 5-6 ottobre 1789 quando una folla si mosse da Parigi verso la reggia di Versailles, costituita prevalentemente da donne dei mercati (le celebri pescivendole) affamate e rabbiose. Prima di quel fatidico momento, la regina non si era mai confrontata davvero con i francesi, se non attraverso i complicati apparati cerimoniali o sporadiche visite di omaggio dell’antico regime. Ed è anche vero che Maria Antonietta fu oggetto di una feroce campagna denigratoria a suon di libelli e stampe satirico-pornografiche. Ne feci l’argomento di un post dal titolo “La satira è sempre lecita?” che ebbe uno straordinario successo e innescò un bellissimo dibattito. Lo indico qui per coloro che non l’avessero letto e fossero interessati: https://www.ilmanoscrittodelcavaliere.it/2017/06/il-caffe-della-rivoluzione-la-satira-e/
Bello questo ritratto di Maria Antonietta, denigrata dalla storia come causa dei mali di Francia, ci hai restituito un quadro meno comune e più positivo della sua personalità. Mi sono commossa sulla descrizione del momento finale della sua vita, vissuto con estrema dignità.
Sì, Giulia, negli ultimi tempi sofferse moltissimo e patì angherie di ogni genere: pensa che quando fu rinchiusa alla torre del Tempio di Parigi, con la sua famiglia, le tolsero persino il piccolo Delfino affinché gli venisse impartita un’educazione rivoluzionaria e vivesse con una famiglia di calzolai. Rimase vedova nel gennaio 1793, la sua migliore amica principessa di Lamballe fu fatta a pezzi dalla folla. La processarono tramite un processo-farsa dove sostennero che avesse commesso ogni sorta di nefandezze, compreso giacere con il proprio figlio. Al che Maria Antonietta si girò verso le donne del popolo, presenti al processo e gridò: “Come potrei aver commesso un simile abominio? Mi rivolgo a tutte le madri qui presenti!” al che tutti si ammutolirono. Attraversò a mio parere una sorta di trasformazione nel carattere e nello spirito, in una dolorosa via crucis che la portò alla ghigliottina nell’ottobre del 1793. Nulla era più rimasto della fanciulla quattordicenne che arrivò dall’Austria in sposa al Delfino di Francia.
Come spesso succede, la verità autentica non si saprà mai. Le parole e i gesti “tramandati” anche dai testimoni più attendibili possono perdere significato fuori dal contesto, può mancare qualche dettaglio importante, si può confondere arroganza con semplice altezzosità, ci può essere persino qualche onesta ingenuità che viene invece interpretata come una presa in giro pensando “non poteva essere seria quando l’ha detto”.
Mi è venuto in mente, Ariano, la famosa frase sulle brioche che le era stata attribuita (“Al popolo manca il pane? Che mangino le brioche!”) e che invece avevano pronunciato altri prima di lei. Del resto c’è tantissima disinformazione anche oggi, anzi, il tutto viene amplificato dai mass media, per cui non c’è da stupirsi se all’epoca calunnie e falsità viaggiassero di bocca in bocca e assumessero contorni più che credibili.
Sicuramente Maria Antonietta commise molti errori di valutazione personale e politica, ma c’è da dire che aveva una percezione distorta della realtà, e di chi fossero gli amici e i nemici, proprio perché viveva in una sorta di gabbia dorata.
Indubbiamente una donna non incline all’esercizio del potere, in particolare se pensiamo al dispotismo illuminato di sua madre, la grande imperatrice d’Austria che raccolse attestazioni di stima durante tutto il suo regno. L’Autriche era di fatto odiatissima, una specie di capro espiatorio di tutti i mali di Francia.
Non mi è mai stata particolarmente simpatica, malgrado da piccola ne avessi visto narrare la versione romantica nello splendido cartone di Lady Oscar. Una sovrana molto distratta, viziata e sì, frivola come è stato scritto. Un matrimonio per parte sua infelicissimo, lutti che la colpirono, la disperazione dell’ultimo periodo… Che orrore. A un certo punto subentra in me quella pura pietas umana che me la mostra sotto un’altra luce, provo sincera commozione e compassione per come andò a finire.
Se non fosse stato per la rivoluzione francese, probabilmente Maria Antonietta sarebbe passata alla storia come l’ennesima regina frivola e viziata, come ce ne erano tante nel periodo, oppressa da un’etichetta di corte rigidissima e che tentava di distrarsi con il gioco, gli abiti, il ballo, i gioielli e la prodigalità. Il cataclisma che si trovò ad attraversare, come tutti i suoi contemporanei, aristocratici o plebei che fossero, ne esaltò a dismisura dapprima i difetti, e poi la destinò a una sorte davvero terribile che si concluse in un autentico martirio. Il problema era proprio, come ho scritto in altri commenti, che lei non si rendeva conto della realtà di miseria e della carestia del popolo francese, delle ingiustizie di un sistema vessatorio dal punto di vista fiscale e giuridico, di una struttura sociale organizzata in vere caste. E c’è da dire che anche il consorte non era minimamente in grado di capire che un mondo stava cambiando, pure lui arroccato sul concetto di una sovranità da antico regime. Luigi XVI era un uomo semplice, e sarebbe stato tagliato a fare tutto tranne che il sovrano. Con tutto questo, soprattutto il re fu rispettato e benvoluto nel primo anno della rivoluzione fin quando lo si poté difendere. Poi la sua irresolutezza, la sua ambiguità, i suoi tentennamenti lo misero in cattiva luce, e la tentata fuga insieme con la famiglia diede il colpo di grazia alla monarchia. Ecco, ho parlato molto del re perché non si può tentare di capire un po’ di più Maria Antonietta senza parlare del marito.
Ho letto con interesse e con piacere l’articolo, che dà sostanza a un’immagine di Maria Antonietta sempre troppo semplificata. Fuori argomento, non manco di dispiacermi di non avere ancora letto Marco Aurelio, che mi aspetta sullo scaffale.
Marco Aurelio (“l’imperatore filosofo”) aveva attirato la mia attenzione dopo i miei studi di Storia Romana. Mi piacerebbe leggere la sua opera “Colloqui con sé stesso”, dove si ripropone di conseguire un proprio orientamento e auto-miglioramento, il che è valido a qualsiasi latitudine e in qualsiasi epoca storica. 😊