Care amiche e cari amici,
riprendiamo molto volentieri il filone della storia delle donne nel XIX secolo scritto dalla nostra amica Clementina. Mi sono resa conto che è passato parecchio tempo dalla parte precedente, che potete trovare qui se l’avete persa o volete rileggerla. Anche questo nuovo excursus sarà molto interessante, vedrete!
***
Oggi, continuando l’esplorazione dei miei vecchi appunti alla ricerca dello scenario relativo alla donna del XIX secolo, toccheremo il tema della differenza fra i sessi nella storia filosofica di quel periodo… e più avanti troverete anche una piccola SORPRESA che vi ho riservato…
Lo faremo partendo dalle riflessioni di Genevieve Fraisse, filosofa francese e storica del pensiero femminista, autrice di numerose opere sul tema della controversia dei sessi dal punto di vista epistemologico e politico.
Secondo Fraisse la riflessione filosofica sulle donne e sulla differenza tra i sessi è uno dei punti cardine della storia, come frattura politica, trasformazione economica dell’epoca moderna, e dell’eternità delle questioni filosofiche, dualismo tra corpo e spirito, divisione tra natura e civiltà, equilibrio tra privato e pubblico.
Nel corso del XIX secolo tutti questi problemi vanno precisandosi negli scritti dei filosofi. La rimessa in discussione dell’ineguaglianza tra i sessi è la conseguenza del postulato della nuova era e questa proposizione, che non si può dimostrare ma che si considera come vera in quanto base necessaria per spiegare un fatto o formulare una teoria, è quella su cui si basa la libertà dell’individuo e l’autonomia del soggetto.
Il punto sarà esattamente questo: uomini e donne sono esseri ragionevoli, quindi si suppone, o si tenta di negare, che essi siano potenzialmente dei soggetti. Se si adotta il punto di vista del soggetto autonomo e individuale, si pone in modo nuovo il problema del rapporto tra uomo e donna, tra il corpo e lo spirito di ciascun sesso. Non solo. Ci si interroga anche sul ruolo della natura nel mondo umano e sull’importanza dell’alterità (intesa come opposto dell’identità) nell’elaborazione speculativa.
Alla rappresentazione della donna come soggetto, sempre secondo la Fraisse, fanno da perno tre temi:
- la famiglia, intesa sia come emanazione del matrimonio e sia come cellula primaria della società;
- la specie, il cui perpetuarsi è considerato come finalità della vita umana;
- la proprietà, con i suoi corollari, il lavoro e la libertà.
I filosofi dell’epoca, naturalmente tutti di sesso maschile, daranno come a priori i rapporti di armonia oppure, al contrario, di conflittualità fra i due sessi, postuleranno la pace o, viceversa, la guerra tra i due sessi. Ma soprattutto, tutti si interrogheranno su come definire l’amore e questa questione, in quel periodo, assumerà il carattere di urgenza.
Iniziamo ad approcciare il primo di questi tre temi cardine: la famiglia.
Il nuovo secolo, appoggiandosi sugli scritti degli ultimi anni post-rivoluzionari del Settecento, pone il problema del diritto come primario. Non pone direttamente il problema del diritto delle donne, quanto piuttosto quello dello statuto della relazione tra uomo e donna. Solo come conseguenza interviene la considerazione della donna come soggetto di diritto, o come assoggettata all’uomo. A rappresentare le diverse posizioni troviamo Fichte, Kant e Hegel.
Sebbene le posizioni dei tre filosofi siano differenti, ciascuna di esse concorda sulla dipendenza femminile, sull’abbandono di sé (da parte della donna) a favore del matrimonio e della famiglia. Quindi, la donna non ha che l’universalità della propria situazione familiare (figlia, sposa, madre) e non possiede la singolarità del proprio desiderio.
Da sinistra a destra: Johann Gottlieb Fichte (litografia – fonte Wikipedia), Immanuel Kant (di artista sconosciuto, c.a 1790 – fonte Wikipedia), G. W. F. Hegel (di Jakob Schlesinger, Berlin 1831 – fonte Wikipedia), F. M. C. Fourier (fonte Wikipedia).
Per Fichte (1762-1814) il matrimonio si configura come una “società naturale e morale”, una “unione perfetta”, basata sull’istinto sessuale dei due sessi e non ha alcun fine fuori di sé. Per lui l’amore è “il punto in cui si riuniscono nel modo più intimo natura e ragione”. Secondo Fichte, la donna afferma e conserva la propria dignità di essere umano diventando il mezzo di soddisfazione dell’uomo, cessando di essere fine a sé stessa. Questo si potrebbe chiamare amore in quanto la donna, per non rinunciare alla propria dignità, non può confessare a se stessa il proprio istinto sessuale. La legge interviene solo quando il matrimonio esiste e anteriormente alla legge, la donna si sottomette all’uomo per un atto di libertà.
Kant (1724-1804) la pensa in modo completamente diverso e concepisce il matrimonio come “contratto” che ha luogo in base alla legge. Il piacere sessuale non è accettabile che attraverso il rapporto di possesso giuridico. La parte razionale insita nella donna fa ‘sì che questa si voti al suo unico compito utile, che è quello della riproduzione della specie. Di conseguenza la legge afferma che l’uomo comanda e la donna ubbidisce.
Sia Kant che Hegel iscrivono la donna all’interno della famiglia e assegnano loro lo spazio domestico.
Hegel (1770-1831), inorridito dalla teoria kantiana, afferma che “il matrimonio è un fatto morale immediato” in cui la vita naturale si trasforma in unità spirituale, in “amore cosciente”. Quindi, il matrimonio non è né unione né contratto, bensì un vincolo morale. Il diritto interviene solo nel momento della dissoluzione della famiglia e il capo della famiglia è l’uomo.
Nei primi anni dell’Ottocento, in Germania, un filosofo farà scandalo ponendo in primo piano il problema del piacere femminile e quello delle pari libertà dell’uomo e della donna. Questa ventata di libertà arriva da Friedrich Schlegel, il quale attraverso la Lettera sulla filosofia, indirizzata alla moglie, e al suo romanzo Lucinda, denuncia i pregiudizi sulle donne in rapporto al matrimonio.
In Francia saranno gli scritti di Charles Fourier, tuttavia quasi sconosciuti, ad opporsi alla “oppressione e avvilimento” delle donne nel processo di civilizzazione e ad avviare una denuncia morale del matrimonio. L’utopia di Fourier è quella della libertà dell’individuo donna. Il filosofo si chiede se i tempi moderni si svilupperanno con o senza le donne, considerando che l’era post-rivoluzionaria le esclude, pur attribuendo loro un posto in cui includerle.
Da qui ha inizio la storia dell’emancipazione femminile, in quanto l’era del femminismo inizia con gli utopisti e, a questo proposito, più avanti analizzeremo l’impegno filosofico di John Stuart Mill per l’uguaglianza tra i sessi.
Tuttavia, prima che i filosofi affrontino esplicitamente il tema dell’emancipazione femminile (ci sarà chi avvertirà la necessità di negarla attraverso la retorica e la polemica, chi di appoggiarla avvalendosi di giustificazioni teoriche) l’epoca segna una battuta d’arresto e si occupa dell’amore, della seduzione e della castità. Quel che è certo è che nessuno riuscirà ad ignorare la questione femminile.
Nel prossimo post dedicato alla ricognizione sull’immagine della donna dell’Ottocento, se vi va, parleremo di amore, inteso come conflitto e come metafisica del sesso.
Per il momento vi propongo alcuni passaggi estratti da due romanzi dell’epoca: Madame Bovary, di Flaubert e I Buddenbrook, di Mann.
Ma ecco la SORPRESA: se vorrete, potrete ascoltare la mia voce che legge per voi i due brani… un modo come un altro per sentirci più vicini 😉
Da Madame Bovary: cliccate sulla scritta dorata qui sotto e verrete reindirizzati al file audio. Buon ascolto!
Da I Buddenbrook:
per ascoltare la mia lettura basta cliccare sulla scritta dorata qui sotto. Buon ascolto!
E ora, vi invito a commentare a ruota libera. Testi letterari, teatrali, opere d’arte o altre immagini pertinenti al tema trattato, saranno ampiamente apprezzati.
Grazie a tutti e buona continuazione!
Clementina Daniela Sanguanini
Il tema è certamente uno dei più dibattuti, e d’altronde non è una caso se la condizione femminile è ancora non molto diversa da quella europea del 1800 in molte aree del mondo dove certe evoluzioni sociali ancora non hanno avuto luogo.
Come citazione mi viene in mente “Il mondo di ieri”, testo autobiografico di Stephen Zweig, in cui lo scrittore austriaco vissuto proprio tra gli ultimi decenni del XIX secolo e i primi del XX spiega in un capitolo come mai lui abbia la sensazione che dalla sua infanzia all’età matura il mondo abbia viaggiato molto più velocemente della sua vita materiale sino a essere un posto completamente diverso. E uno degli aspetti di cui parla è proprio la condizione femminile: rammenta le giovani di quando lui era bambino, costrette in orribili abiti-trappole, nascoste dentro gonna, cappello, corpetto, mantellina, recluse in casa controvoglia; e le paragona alle giovani che vede da uomo maturo, giovani con abiti più corti, più ampi, coi capelli al vento, che camminano per strada a testa alta, guardando chi passa senza chinare gli occhi, la pelle arrossata dal sole anziché essere coperta da strati di cipria. E si rammarica per le sue vecchie zie che non hanno potuto essere giovani in un’epoca migliore come quella che stavano vivendo le loro nipoti.
Ciao Ariano, ti ringrazio moltissimo del tuo intervento e mi scuso del ritardo della mia risposta.
Ancora oggi, come dici bene tu, purtroppo sono molti i paesi nei quali la donna è ancora vissuta come un oggetto, un peso, una schiava…
Temo, tuttavia, che nonostante i grandi e innegabili passi che la nostra società ha fatto in avanti, sotto questo aspetto siamo ancora lontani dall’aver raggiunto la parità sotto molti punti di vista: basta dare uno sguardo all’occupazione e ai salari per capire che bisogna fare molto di più.
Mi ha colpito il testo di Zweig che hai citato. Non lo conoscevo, lo trovo intenso e delicato al tempo stesso.
Mi associo a Clementina nel ringraziarti per il bellissimo commento, Ariano. In effetti nel volgere di una generazione le cose possono cambiare moltissimo, o addirittura regredire. Penso a mia madre e a mia nonna, e se le paragono alla mia vita – dove sono stata libera di compiere alcune scelte, pur sempre condizionate da una società che inquadrava la donna in determinate categorie – posso definirmi una privilegiata.
In Europa abbiamo fatto molta strada riguardo la condizione femminile anche se c’è sempre qualcuno pronto a portarci indietro, in Italia soprattutto. La lettura del post mi ha fatto pensare al film che ho visto venerdì scorso di Paola Cortellesi “C’è ancora domani”, è un film sulla condizione femminile nel secondo dopoguerra, quando la donna non contava nulla, non votava ancora e la società la considerava solo moglie, madre ma soprattutto serva, tutto sommato una proprietà dell’uomo.
Ciao Giulia, ringrazio tantissimo anche te e anche a te chiedo scusa per il ritardo della mia risposta.
Sono perfettamente d’accordo con ciò che scrivi rispetto allo stato di allerta che non dobbiamo mai abbandonare, perchè ci vuole pochissimo a perdere dei diritti che si credeva di aver già conquistato.
Se poi si tiene conto dell’abbruttimento sociale nel quale versiamo, almeno tenendo conto della quantità mostruosa di femminicidi consumati persino in occidente. Persino in Europa. Qui in Italia il tasso cresce a vista d’occhio e non se ne parla mai abbastanza.
Anch’io ho messo in conto di andare a vedere il film della Cortellesi, verso la quale provo un’ammirazione immensa, e ho letto sui media che è diventato ormai già un vero e proprio cult.
Evidentemente le donne sentono che c’è un estremo bisogno di parlare di questo tema e di trattarlo con tutto il tatto e la determinazione che richiede.
Il processo di emancipazione è molto lungo, oggi i tentativi di ricondurre le donne in determinati schemi ci sono, magari in maniera più subdola che in passato. Come scrivevo ad Ariano, paragono la mia condizione a quella di mia madre e mia nonna, le donne nel dopoguerra erano ancora irreggimentate in un ruolo derivato dall’epoca fascista, dove Mussolini aveva messo in piedi un vero e proprio progetto di donne come serbatoi riproduttivi e a disposizione del coniuge come oggetto di soddisfacimento sessuale. Non ho visto il film di Paola Cortellesi, ma il tuo commento mi ha fatto venire in mente lo splendido film di Ettore Scola, “Una giornata particolare”, ambientato in occasione dell’arrivo di Hitler a Roma. L’incontro tra la solitudine di Sophia Loren, una casalinga con innumerevoli figli e sposata a un coniuge rozzo e insensibile, e Marcello Mastroianni, un raffinatissimo intellettuale omosessuale, non cambierà radicalmente la loro vita, ma darà una boccata d’ossigeno a una condizione oppressiva di reclusione (per lei) ed emarginazione (per lui).