Concludiamo l’excursus storico di Clementina con la parte finale che ci esporrà l’impatto che il fascismo ebbe sulle donne. Potete trovare qui la prima parte e qui la seconda parte, se le avete perse o volete rileggerle.

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Con l’introduzione delle cosiddette “leggi fascistissime” del 1926, ispirate dal giurista Alfredo Rocco, venne soppressa la libertà di associazione, il potere legislativo venne completamente subordinato al duce, il quale anche grazie al Tribunale speciale, alle milizie, all’efficientissima polizia segreta, l’Ovra, manteneva il pieno controllo della situazione.

Il Partito fascista, a quel punto, controllava numerose organizzazioni di massa votate a educare la gioventù ai valori facisti: nei Figli della Lupa rientravano i giovani fino agli otto anni, l’Opera Nazionale Balilla inquadrava i ragazzi dagli otto anni ai quattordici e ai diciassette (“Balilla” e “Avanguardisti”), le ragazzine confluivano nelle “Piccole italiane”, i giovani fino ai ventuno anni rientravano nel Fascisti Giovani, nei Gruppi Universitari, e nelle “Giovani italiane”. Inoltre, l’Opera del Dopolavoro organizzava il tempo libero dei lavoratori con gite e gare sportive.

Nella fotografia sopra, le Piccole Italiane in un saggio ginnico.

 

Come mette ben in luce la storica Luisa Passerini in Storia delle DonneVolume VIl NovecentoLaterzaRoma1992, in questo contesto le proposte italiane di innovazione del ruolo femminile oscillavano tra l’uniformazione delle donne nelle organizzazioni di massa del fascismo (letteralmente venivano fatte adottare delle uniformi) e la costruzione di una casalinga, “moglie e madre esemplare”. In parole povere, la donna italiana doveva rinnovarsiprodurre molti figli, provvedere all’alimentazione e all’abbigliamento per tutta la famiglia, usando le risorse offerte dall’economia autarchica: fibre di ginestra e di ortica, anziché il cotone, lanital, anziché la lana, lignite al posto del carbone.

Fatte queste premesse è chiaro che la donna italiana non poteva diventare consumatrice e amministratrice delle stesse risorse di cui disponevano le statunitensi e le francesi, in quanto il processo di modernizzazione nel quale si trovava immersa era di tipo repressivo.

Nella fotografia sopra, “Figli per la patria”.

 

La storica statunitense Victoria De Grazia, in Le donne nel regime  fascista – VeneziaMarsilio1993, ci fa sapere, inoltre, che tra il 1922 e il 1924, con la riforma della scuola, la riforma Gentile, si definì il ruolo dell’educazione nazionale: far penetrare nei giovani l’ideologia fascista, selezionare solo l’élite, facendo accedere all’istruzione secondaria e agli atenei solo un numero ristretto di studenti provenienti dalle famiglie più agiate. Oltre a ciò, la riforma Gentile produsse la notevole riduzione del numero di insegnanti donne a favore di insegnanti uomini, tanto è vero che l’accesso ai concorsi pubblici per intraprendere l’insegnamento di lettere, latino, greco, storia e filosofia nei licei o per quello di italiano negli istituti tecnici venne precluso alle donne.

La politica fascista, intrecciandosi e sostenendosi all’ideologia cattolica, impose alle italiane un destino esclusivamente biologico che voleva la loro subalternità nell’ambito della famiglia e della società. Con le seguenti parole si pronunciava una manuale di igiene divulgato dal regime alla fine degli anni ’30.

Lo scopo della vita di ogni donna è il figlio. […] La sua maternità psichica e fisica non ha che questo unico scopo”.

Col pieno sostegno della Chiesa, dunque, ogni pubblicità e propaganda di misure contraccettive fu proibita e l’unico mezzo per il controllo delle nascite rimase l’aborto che, nonostante le pesanti pene previste dal Codice penale del 1931 (da 2 a 5 anni per chi lo procurava o aiutava e da 1 a 4 per la donna che lo praticava da sola), restava ampiamente diffuso.

Clementina Daniela Sanguanini

 

BIBLIOGRAFIA:

Federico Chabod, L’Italia contemporanea 1918-1948, Piccola Biblioteca Einaudi, 1970

Georges Duby e Michelle Perrot, Storia delle donne, Vol. V, Laterza, Roma, 1992

De Grazia V., Le donne nel regime fascista – Venezia, Marsilio, 1993