Evening di Mikalojus Konstantinas Ciurlionis (1904-1905) |
La luna faceva scendere la sua luce sulle acque del fiume, come una donna che, con entrambe le mani, allarga una splendente veste bianca. Il fiume cantava una canzone sempre uguale, placida e sonnolenta, e le acque si muovevano, sorreggendo e quasi facendo lievitare la barca legata a riva, rompendosi contro la chiglia in riflessi biancastri, e in macchie blu viranti nel nero. La luce della torcia, accesa a prua, si specchiava di sotto e là fluttuava, liquida.
A bordo dell’imbarcazione, il traghettatore del servizio notturno era assopito, cullato da quel mormorio, ma si scosse nel sentire il fogliame frusciare alle sue spalle; allertato, pensò ad un animale selvatico in caccia o a un brigante, e la mano corse veloce al bastone.
Vide, invece, apparire una donna con un fagotto legato alle spalle, e fu così stupito da scambiarla per una Silfide dell’aria, gentile nume che avesse smarrito la strada del Primo Regno. Poi la donna gli rivolse la parola, e lo fece con voce umana, di comando misto a preghiera, scuotendolo dal suo stupore. “Salute a te, signore. Occorre che tu mi conduca fino alla prima curva del fiume,” disse e, al contempo, allungò verso di lui una piccola, morbida mano. Prese quella, grande e callosa, dell’uomo e vi pose una moneta d’oro. Il barcaiolo sgranò tanto d’occhi, richiuse la mano e con l’altra si levò il cappello dal capo.
“Ne avrai un’altra alla fine del tuo servizio,” aggiunse la giovane. “Inoltre, puoi prendere il cavallo sellato ed imbrigliato, che ho legato a poca distanza da qui, nella foresta,” aggiunse, con una nota di tristezza nella voce. Prontamente, il barcaiolo aiutò la donna a salire, la fece sedere – ella si liberò del suo fagotto, che depose con cura sul fondo della barca – sciolse gli ormeggi e si mise ai remi. Dopo un attimo d’esitazione, la barca scivolò via, rapita dalla corrente del fiume.
Il barcaiolo remava senza fatica, la barca scivolava veloce, e la corrente del fiume l’assecondava nel suo moto. Le foreste ai lati erano macchie d’inchiostro, ma, nelle zone prive di alberi, la luce della luna era così forte che si sarebbe potuto vedere la corsa d’uno scoiattolo sul ramo di un albero. Né l’uomo né la donna parlavano, ed il silenzio era rotto solo dal rumore del remo che si tuffava nelle acque, ritmicamente, e dallo stridio di qualche uccello notturno intento alla caccia.
“Mi sbarazzerò di Lyra non appena tornato al castello,” disse, d’un tratto, la voce di Aldebaran. Egli era voltato verso la finestra affacciata sul fiume, ed aveva il cappuccio del mantello abbassato sulle spalle e le braccia incrociate sul petto. “È tempo che Antares dipenda da me in tutto e per tutto,” aggiunse. Eccitatissimo, il re dei Crudeli si rizzò dal letto, appoggiandosi ad un gomito. “Dalla a me,” reiterò, e la mano prese a carezzare le coltri sottostanti, quasi vi fosse il corpo della cognata, pronto a soddisfare le sue brame; gli occhi brillavano d’una luce lubrica; le sue labbra tremavano perfino. “Ti farò accompagnare al castello da un gruppo di armigeri, che la prenderanno in consegna e la porteranno qui.” “Sarà ben custodita? Potrò inscenare la sua morte e dare ai sovrani del Primo Regno una versione credibile?” chiese Aldebaran, e Fomalhaut annuì.
Il Mago del Nord si staccò dalla finestra, e mosse alcuni passi nella stanza, ma il suo sguardo non era rivolto al fratello, bensì a qualcosa che pareva percepire nell’aria. Alzò la mano in direzione di Fomalhaut, gli comandò di non parlare; quindi, trasse il Pentacolo di zinco dal petto e lo strinse nella mano, chiuse gli occhi e si concentrò.
Fairy-Tale. Journey of the Princess – Tavola I di (1907) Mikalojus Konstantinas Ciurlionis |
La barca si muoveva sull’acqua, nel suo moto irresistibile, e la giovane trattenne il fiato quando furono sotto le mura del castello, desto e vigile, con la luce delle torce che illuminava le feritoie. Un grido si fece udire dagli spalti – il cuore di Lyra ebbe un tuffo, e i suoi occhi gettarono uno sguardo al fagotto immobile ai suoi piedi – ed il barcaiolo alzò la mano, in segno di saluto, verso la guardia. Poi, la barca scivolò oltre, lasciandosi il castello alle spalle, rimpicciolì, divenne parte della notte.
Aldebaran si riscosse, e riaprì gli occhi: la visione era stata così torbida ch’egli non ne aveva ricavato nulla, e tuttavia la traccia seguitava a rimanere. “Strano,” disse, “m’era parso vi fosse un’alterazione nell’ordine delle cose, ma mi sbagliavo. Partirò domattina, dunque,” aggiunse, “alle prime luci dell’alba, insieme con la tua scorta,” e il re sorrise.