Cambiavalute con la moglie (detto anche L’usuraio con la moglie) di Quentin Massys (1514) – Musée del Louvre di Parigi |
Michael Douglas interpreta Gordon Gekko nel film del 1987 diretto da Oliver Stone. |
Manca completamente, ora, il rapporto tattile con il bene, ma del resto non si può avere tutto, e la soddisfazione con cui si riesce ad aumentare di parecchi zeri il proprio conto in banca in uno dei tanti paradisi fiscali, con un semplice click di trasferimento, è impagabile. Del resto, come dice Gordon Gekko in Wall Street: “L’avidità, non trovo una parola migliore, è valida, l’avidità è giusta, l’avidità funziona, l’avidità chiarifica, penetra e cattura l’essenza dello spirito evolutivo. L’avidità in tutte le sue forme: l’avidità di vita, di amore, di sapere, di denaro, ha impostato lo slancio in avanti di tutta l’umanità.” Avaro o avido che sia un essere umano, la mancanza di generosità equivale spesso anche all’aridità affettiva, e nella nostra società alzi la mano chi non sia stato avaro o avido almeno una volta nella vita.
Tornando alla nostra figura di avaro letterario, vi propongo una carrellata di figure che bene o male tutti conosciamo, accompagnate da un inizio della storia e una citazione. So che il capostipite è L’avaro di Molière. Non che non mi fidi di Molière (sarebbe il colmo!). tuttavia presento nel blog solamente testi che ho letto oppure ho visto rappresentati se si tratta di pezzi teatrali, in quanto posso aggiungere qualche nota personale (e Molière purtroppo non è tra questi).
Ecco a voi gli avari più celebri della storia:
Locandina del film del 2009, diretto da Robert Zemeckis |
Il protagonista di questo romanzo breve di Charles Dickens è un vecchio ricco, avaro ed egoista. L’azione si apre nella Londra del 1843, durante il periodo di Natale. Scrooge è talmente infastidito dalle festività da costringere il suo unico impiegato Bob Cratchit, vessato e sottopagato, a venire a lavorare nel giorno della vigilia, mugugnando in quanto la chiusura dell’ufficio gli fa interrompere lavoro e guadagni. Tratta male anche il suo unico nipote, che viene a trovarlo per invitarlo alla cena. La sera della vigilia, però, sono destinati ad accadere fatti davvero straordinari, a cominciare dalla visione della faccia del suo defunto socio in affari, Jacob Marley, che Scrooge vede materializzarsi al posto del batacchio della porta…
La citazione:
Caldo e freddo non facevano effetto sulla persona di Scrooge. L’estate non gli dava calore, il rigido inverno non lo assiderava. Non c’era vento più aspro di lui, non c’era neve che cadesse più fitta, non c’era pioggia più inesorabile. Il cattivo tempo non sapeva da che parte pigliarlo. L’acquazzone, la neve, la grandine, il nevischio, per un sol verso si potevano vantare di essere da più di lui: più di una volta si spargevano con larghezza: Scrooge no, mai. Nessuno lo fermava mai per via per dirgli con cera allegra: “Come si va, caro il mio Scrooge? a quando una vostra visita?”
Eugénie Grandet di Honoré de Balzac (1833): papà Grandet
Copertina di una delle molte edizioni del romanzo. |
La storia è ambientata a Saumur, piccolo paese della campagna francese. Il padre di Eugénie è un vecchio vignaiolo arricchito grazie all’eredità paterna, fatta fruttare tramite giusti investimenti finanziari, un fiuto infallibile per gli affari, e la sua proverbiale avarizia oltre che all’attaccamento all’oro che “sembrava aver comunicato il suo colore al suo viso ”. Nonostante la sua ricchezza, sua moglie, sua figlia Eugénie e la serva Nanon sono costrette a vivere in una casa spoglia e povera. Ma tutto cambia con l’arrivo di un elegante e raffinato giovane parigino: Charles, cugino di Eugénie…
Eugénie Grandet è una delle figure femminili più commoventi della letteratura, per la sua dolcezza e bontà d’animo, ma fin da subito il lettore intuisce che il suo destino sarà segnato. Nel triste e ristretto ambiente che la circonda, in cui cerca disperatamente affetto, l’arrivo del cugino si traduce in una speranza che verrà ben presto delusa. Nella sua immensa produzione letteraria, del resto, Balzac non dimostra molta fiducia nella natura umana.
Questo fortunato romanzo ridiede vigore al giovane Balzac dai successi altalenanti, gli assicurò popolarità e una certa stabilità finanziaria, permettendogli di consolidare la sua fama di scrittore.
La citazione:
Da quindici anni madre e figlia consumavano lí la loro vita in un lavoro continuo dall’aprile al novembre; nel primo giorno di questo mese potevano portare il loro quartiere d’inverno presso il caminetto. Quel giorno soltanto Grandet permetteva che si cominciasse ad accendere il fuoco nella stanza, e lo faceva spegnere il trentuno marzo senza tener conto dei primi freddi della primavera, né di quelli dell’autunno; uno scaldapiedi pieno di brace prese in cucina e serbate con destrezza dalla grossa Nannina aiutava le due donne a passare con minor disagio le mattinate e le sere piú fresche dell’aprile e dell’ottobre. Esse avevano cura di tutta la biancheria di casa, e compivano con tanta scrupolosità questo lavoro da operaie, che, se Eugenia voleva ricamare qualche collaretto per la madre, bisognava che rubasse un paio d’ore al sonno, ingannando il padre per avere un po’ di luce.
La roba di Giovanni Verga (1883) – don Mazzarò
In questa novella il contadino Mazzarò viene descritto come un uomo basso e con una grossa pancia, “ricco come un maiale” con la testa simile a un brillante per intelligenza. Egli finisce, piano piano, per appropriarsi di tutti i terreni che prima appartenevano a un potente barone, il quale viene costretto a vendere prima i suoi possedimenti e successivamente anche il suo castello. Ma, come dice il proverbio, il tempo è galantuomo e, come avviene per tutti, la morte arriva…
Mazzarò è il prototipo dell’arraffone che pensa solo ad accumulare, e non si rende conto che quando morirà dovrà lasciare alla spalle tutti i suoi beni, di cui godranno gli eredi, senza potersi portare nella tomba nemmeno un soldino. Lo sguardo di Verga non dimostra nessuna simpatia per questo suo personaggio, a differenza di altri miseri protagonisti delle sue novelle e dei suoi romanzi.
Uomo con la zappa di Jean-François Millet (18060-62) |
La citazione:
Di una cosa sola gli doleva, che cominciasse a farsi vecchio, e la terra doveva lasciarla là dov’era. Questa è una ingiustizia di Dio, che dopo di essersi logorata la vita ad acquistare della roba, quando arrivate ad averla, che ne vorreste ancora, dovete lasciarla! E stava delle ore seduto sul corbello, col mento nelle mani, a guardare le sue vigne che gli verdeggiavano sotto gli occhi, e i campi che ondeggiavano di spighe come un mare, e gli oliveti che velavano la montagna come una nebbia, e se un ragazzo seminudo gli passava dinanzi, curvo sotto il peso come un asino stanco, gli lanciava il suo bastone fra le gambe, per invidia, e borbottava: – Guardate chi ha i giorni lunghi! costui che non ha niente! –
Sicché quando gli dissero che era tempo di lasciare la sua roba, per pensare all’anima, uscì nel cortile come un pazzo, barcollando, e andava ammazzando a colpi di bastone le sue anitre e i suoi tacchini, e strillava: – Roba mia, vientene con me! –
Il mercante di Venezia di William Shakespeare (1596-1598): Shylock
Nella Venezia del XVI secolo, Bassanio, giovane gentiluomo veneziano, vorrebbe concorrere ad una competizione a suon di enigmi, la cui vittoria gli assicurerà la mano di Porzia, ricca ereditiera di Belmonte. Sprovvisto di mezzi, chiede perciò al suo carissimo amico Antonio, di professione mercante, 3.000 ducati in prestito. Antonio, pur amando Bassanio, non può prestargli il denaro, poiché lo ha interamente investito nei suoi traffici marittimi. Tuttavia garantirà per lui Shylock, ricco usuraio ebreo, disprezzato dai cristiani. L’usuraio non sopporta Antonio, che presta denaro gratuitamente, facendo abbassare il tasso d’interesse nella città, e che lo umilia pubblicamente con pesanti insulti. La situazione si complica quando ci va di mezzo l’amata figlia di Shylock, Jessica, e Antonio comincerà a subire rovesci di fortuna…
Shylock, magistralmente interpretato da Al Pacino nel film del 2004. |
In questa tragedia di Shakespeare, ci sono svariate pietre miliari, tra cui lo sfogo di Shylock che cito più sotto. La scena della “libbra di carne” dove Shylock sfodera il coltellaccio per prendere un pezzo di carne di Antonio, che ha mancato di onorare il suo debito, e tutto questo con l’approvazione del tribunale, è uno dei pezzi più celebri di tutto il teatro mondiale.
Non ha occhi un ebreo? Non ha mani, organi, statura, sensi, affetti, passioni? Non si nutre anche lui di cibo? Non sente anche lui le ferite? Non è soggetto anche lui ai malanni e sanato dalle medicine, scaldato e gelato anche lui dall’estate e dall’inverno come un cristiano? Se ci pungete non diamo sangue, noi? Se ci fate il solletico, non ridiamo? Se ci avvelenate non moriamo?
Paperon de’ Paperoni di Carl Banks (Walt Disney): 1947, prima apparizione
Non posso fare a meno di menzionare l’immortale zio Paperone, sia perché ritengo il mondo dei cartoni animati e dei fumetti degno di stare alla pari con quello letterario, sia perché questo personaggio rappresenta davvero il prototipo dell’avaro e dell’avido, con i tuffi nel suo deposito di monete d’oro, sempre insidiato dalla Banda Bassotti, con i suoi continui piagnistei sulle spese che deve sostenere, con il suo ingegno nel trovare sempre nuovi sistemi per far soldi.
È lo zio di Paperino e il prozio di Qui, Quo e Qua e viene definito il “papero più ricco del mondo” o il “riccastro”. A quanto sembra, è stato proprio ricalcato sulla figura di Ebenezer Scrooge e quindi quale miglior modo per chiudere il post con un riferimento al personaggio che ha aperto questa ideale carrellata di avari?
Il cartone animato Zio Paperone alla ricerca della lampada perduta |
Altro post fantastico.
Io scelgo zio Paperone, di gran lunga il mio avaro preferito.
Grazie, Tenar! Anch'io amo Zio Paperone, insieme però al suo ispiratore Scrooge. 🙂
Hai mai avuto personaggi avari nella tua produzione?
Domanda interessante, che mi coglie di sorpresa. Non solo non ci sono nelle mie storie avari e avidi, ma… non esiste proprio il denaro. C'è chi vive in una bella casa e chi no, ma è solo un dettaglio, che talvolta rivela l'atteggiamento dei personaggi verso la bellezza. L'aspetto economico non è mai sotto i riflettori, né muove i comportamenti dei personaggi da dietro le quinte. Ci rifletterò! 🙂
Grazie del commento! Nei miei romanzi c'è la figura di un grande avido, che è Tiziano Vecellio, perché pare fosse proprio così. Ci sono testimonianze dei suoi contemporanei che lo descrivono non solo come un abile uomo d'affari e un grande investitore, ma come avido di gloria, fama e ricchezza. Ma Tiziano credo che sia unico nel suo genere nella mia rassegna di personaggi, almeno finora.
I miei personaggi attuali del 1100 non sono tanti avari o avidi, quanto sfrenatamente ambiziosi, perlomeno alcuni di loro. Dipenderà dal fatto che anche noi non attribuiamo molta importanza al denaro, come ideatori dei nostri personaggi, e quindi di riflesso non ne attribuiamo nemmeno a loro?
Può essere. Oppure il denaro smette di essere al centro dei pensieri quando non si vive nella povertà, o non la si sente incombente.
E' così, infatti tendo ad ambientare i miei romanzi in classi sociali piuttosto alte, a differenza di Ildefonso Falcones che nei suoi romanzi storici predilige i ceti più bassi e disagiati. Di conseguenza anche i miei personaggi risentono meno della miseria, anche se vivono altre forme di precarietà.
Quanto mi piacciono questi tuoi post tematici! Anche questo sulla figura dell'avaro è molto ben fatto.
Riguardo alla tua domanda finale, personaggi tipicamente avari o avidi non ne ho mai inseriti, anche se l'ultimo romanzo ne presenta uno piuttosto attaccato al denaro, diciamo un po' "tirato" 🙂
Molto interessante la tua lettura del perché questa tipologia è cambiata nel tempo.
Grazie del commento, Maria Teresa. In effetti ho anche delle idee su altre figure presenti in letteratura, ma le pubblicherò più avanti perché questo tipo di post richiede parecchia ricerca.
Di recente avevo letto anche un racconto di Giuseppe Pontiggia "Avarizia", quindi ambientato ai giorni nostri. Si tratta di una coppia che va in vacanza con un'altra coppia (di avari), con cui ovviamente si trova malissimo perché non vogliono mai spendere niente più del necessario, e obbligano anche gli altri a vivere nelle ristrettezze in quanto hanno la cassa in comune. Poi la prima coppia comincia a divertirsi e a provocarli apposta ordinando i cibi più costosi e facendo le spese più pazze per vedere le loro reazioni.
Penso che a tutti noi sia capitato di avere degli amici tirchi, quelli che non offrono mai e che non hanno mai con sé il portafoglio.
Molto interessante e ricco (mi si perdoni il gioco di parole, trattandosi di avari) di spunti, ottima anche la scelta di estrapolare brani significativi dalle opere. Un unico appunto, se mi è permesso: è stato tralasciato (forse volutamente? nel qual caso mi piacerebbe sapere le ragioni) l'"archetipo", o uno dei possibili archetipi, dell'avaro, ovvero Euclione dell'"Aulularia" plautina. Molière stesso, in una scena del suo "Avaro" (mi pare sia la terza del I. atto), riprende quasi alla lettera l'alterco tra Euclione e la serva Stafila che, dopo il prologo, apre la commedia di Plauto. Per il resto, ripeto, ottimo post, apprezzato anche dai miei alunni. Grazie
Buongiorno Paolo, e benvenuto nel blog. 🙂 Il fatto che l'articolo sia stato letto e apprezzato dai suoi alunni mi ha molto inorgoglito. Tra i miei lettori ci sono alcuni insegnanti che, ogni tanto, usano i miei post in classe, la qual cosa naturalmente mi fa sempre molto piacere. Nella mia carrellata non ho inserito Euclione perché non ho una grande cultura classica (ma sto rimediando!) e quindi non lo conoscevo, mentre ho ben presente l'Avaro di Molière. Non ho inserito quest'ultimo perché il post sarebbe stato troppo lungo e, a video, forse faticoso da leggere.
La ringrazio a mia volta del bel commento, e spero in un altro passaggio da queste parti.