Per inaugurare bene l’anno avevo pubblicato un post che ha avuto un ottimo riscontro. Nel post accostavo un romanzo a un’opera d’arte e a una stagione, secondo il principio dei vasi comunicanti di cara memoria. Il post s’intitola: I quadri, i romanzi e… le quattro stagioni, e se volete leggerlo lo trovate qui. L’idea ha stuzzicato la curiosità di altri due blogger, che l’hanno riproposta e reintepretata con raffinate variazioni personali: Ivano Landi e Marina Guarneri. (Aggiornamento: altri blogger hanno partecipato all’iniziativa, con interessanti scelte e bellissimi accostamenti pittorici: Ariano Geta,
Glò e Michele, Giulia Mancini.)
Ho avuto quindi delle altre idee sulla falsariga della prima. Una è basata sull’abbinamento di un’opera letteraria con uno dei cinque sensi. Mi sono resa conto subito, però, che l’esercizio si faceva arduo, se non impossibile, se avessi preso in considerazione un intero romanzo. Allora ho provato a operare su un singolo personaggio… anche qui, però, l’abbinamento risultava forzato in quanto il personaggio, “copia” letteraria di un essere umano, mette in funzione tutte e cinque i sensi in misura più o meno maggiore, a meno di avere gravi disfunzioni.
Ho deciso allora di selezionare una singola scena di romanzo, o un passaggio in cui sia particolarmente evidente l’uso del senso in questione. I miei neuroni, che ultimamente partono per lidi ignoti, hanno dovuto lavorare sodo, scavando come il cucchiaio all’interno di una torta, sempre per rimanere nell’ambito del… gusto. Il secondo passaggio è stato quello di scegliere un’opera arte che richiami anche vagamente la scena. Ed ecco a voi la mia sofferta carrellata.
VISTA: Il mio nome è rosso di Ohran Pamuk
Il libro inizia nel 1591 con la voce di un artista assassinato, il cui corpo giace in fondo a un pozzo. Il morto è un doratore, soprannominato Raffinato Effendi, uno dei miniaturisti che lavoravano nei laboratori del sultano ottomano Murad III (1574-1595). Il romanzo è una vera e propria inchiesta poliziesca, considerata da un carosello di diversi punti di vista, alla ricerca dell’assassino, ed è sontuoso sia nello stile che nella descrizione degli ambienti di corte e, com’è ovvio, delle miniature di straordinaria bellezza, degli arredi e dei tesori racchiusi nelle stanze del sultano. Si può ben dire che il romanzo sia il tripudio e la glorificazione della vista, e dello squillante colore che è sia il simbolo della vitalità e della passione che del sangue versato a causa dell’ambizione dei miniaturisti in durissima competizione tra loro.
Nel passaggio che ho scelto, è proprio il colore rosso che parla in prima persona:
Sono così contento di essere rosso! Mi brucia dentro, sono forte, so di attirare l’attenzione, so anche che non riuscite a resistermi. Non mi nascondo. Per me, la finezza non si ottiene con la debolezza o la fragilità, ma con la decisione e la forza di volontà. Mi faccio notare. Non ho paura degli altri colori, delle ombre, della folla o della solitudine. Com’è bello riempire con il mio fuoco vittorioso una superficie che mi attende! Dove mi espando io, gli occhi brillano, le passioni si fortificano, le sopracciglia si alzano, i cuori battono forte. Guardatemi, com’è bello vivere! Contemplatemi, com’è bello vedere. Vivere è vedere. Io vedo ovunque. La vita comincia con me, tutto torna a me, credetemi.
Non potevo che inserire una miniatura ottomana dove il rosso abbonda: il titolo è Registrazione di fanciulli per il devşirme ed è opera del miniaturista e scienziato Matrakci Nasuh, tratta dal Süleymān-nāme (ricco codice illustrato sulle gesta di Solimano), 1558. Il termine devşirme letteralmente significa “raccolta” e la scena mostra il reclutamento dei fanciulli per infoltire le file dei giannizzeri, la guardia scelta del sultano. I giovani erano strappati con la forza dalle loro famiglie per crescere prigionieri e poi assurgere, in non pochi casi, a incarichi dell’élite amministrativa e militare ottomana.
Questo romanzo narra le gesta di un serial killer (molto particolare nelle sue motivazioni a uccidere), che vive nella Francia del XVIII secolo: Jean-Baptiste Grenouille. Il giovane è dotato di un olfatto sovrumano, ma è completamente privo di un proprio odore, nonché incapace di provare qualunque sentimento. Abbandonato tra i rifiuti subito dopo la nascita, Grenouille cresce in un orfanatrofio e si rivela straordinariamente attirato dagli odori che lo raggiungono, siano essi puzze mefitiche o soavi olezzi. Una notte viene attratto dall’odore di una fanciulla, e proprio con lei inaugura la sua serie di delitti, e la sua decisione di diventare un esperto profumiere. Ecco il passaggio che ritrae le sue prime esperienze con gli odori:
Spesso stava immobile, appoggiato al muro di una casa o addossato a un angolo buio, a occhi chiusi, la bocca semiaperta e le narici dilatate, muto come un pesce predatore in un corso d’acqua grande e oscuro dal lento fluire. E quando infine un alito di vento gli portava davanti l’estremo di un esile filo di aroma, allora lo ghermiva e non lo lasciava più andare, non annusava altro se non quest’unico odore, lo teneva stretto, lo risucchiava in sé e in sé lo custodiva per sempre. Poteva essere un odore che conosceva da tempo, oppure una sua variante, ma poteva anche essere del tutto nuovo, senza nessuna somiglianza o quasi con tutto ciò che aveva annusato fino allora e tanto meno visto: l’odore della seta stirata, ad esempio, l’odore di un infuso di timo, l’odore di un pezzo di broccato ricamato d’argento, l’odore del tappo di una bottiglia di vino raro, l’odore di un pettine di tartaruga.
Per questo senso così particolare ho scelto un’opera della pittrice italiana Rosalba Carriera (1673-1757), una delle poche donne artiste ad essere state apprezzate e ad avere successo. Visse a Venezia ed è celebre soprattutto per i suoi ritratti. Spesso nelle sue opere questa artista usa pastelli colorati, e riesce a conferire alla persona ritratta un effetto così delicato da farla sembrare avvolta da una nuvola di cipria. Potete vedere questa resa nel ritratto di Enrichetta d’Este, in cui sembra di avvertire il dolce profumo dei fiori che ornano la giovane donna e della fragranza che emanano il vestito e la pelle,
GUSTO: La fabbrica di cioccolato di Roald Dahl
La fabbrica di cioccolato è tra i più famosi libri per ragazzi, e ha come protagonista il piccolo Charlie Bucket. Il bambino vive insieme ai quattro nonni e ai suoi genitori in una piccola e povera casa di legno, e tutta la famiglia si nutre di zuppa di cavoli. Solo per il suo compleanno Charlie riceve in regalo una tavoletta di cioccolato, dolce che ama molto. Willy Wonka, proprietario di una fabbrica di cioccolato, indice un concorso: in cinque delle sue celebri tavolette di cioccolato sono stati inseriti cinque biglietti d’oro; chi troverà i biglietti potrà trascorrere un giorno nella fabbrica di cioccolato, ammirarne tutte le meraviglie e potrà vincere un premio a sorpresa.
Ogni volta che ne riceveva una, nel meraviglioso giorno del suo compleanno, la riponeva con cura in una scatolina di legno e ne faceva tesoro come se si trattasse di un lingotto di oro fino; nei giorni seguenti si permetteva soltanto di guardarla, senza neanche sfiorarla. Infine, quando proprio non ce la faceva più, ne scartava un angolino, scopriva una porzione piccola piccola e ne addentava un minuscolo pezzetto – appena appena abbastanza da permettere al dolce sapore del cioccolato di spandersi deliziosamente su tutta la lingua. Il giorno dopo dava un altro piccolo morso e così via, giorno dopo giorno. E così Charlie faceva in modo che una tavoletta di cioccolato da pochi soldi gli durasse più di un mese.
Qui era d’obbligo inserire un’illustrazione di Quentin Blake: il signor Wonka, seguito da Charlie, dal nonno Joe e da altri bambini vincitori del premio, conduce tutti alla scoperta della meravigliosa fabbrica dove si lavora il “cibo degli dei”. Questo percorso guidato sarà costellato da incidenti, dovuti alla stupidità dei bambini e dei loro parenti, e in fondo costituisce una metafora della vita e un insegnamento, valido per qualsiasi età, sul rispetto degli altri e sui rapporti umani.
UDITO: La Sonata a Kreutzer di Lev Tolstoj
In questo romanzo breve dello scrittore russo l’intera azione ha luogo durante un viaggio in treno. La voce narrante è quella di un uomo che rimarrà uno sconosciuto, tanto per il lettore quanto per lo stesso Vasja Pozdnyšev, il suo interlocutore. Il tutto prende avvio da alcune persone che, nello scompartimento, dissertano a proposito dei principi fondanti dell’amore, e della sua stessa definizione. Non appena rimangono soli, l’uomo misterioso si confida e, oltre a rievocare gli anni dell’unione coniugale, con i suoi rituali, i suoi gesti, le sue convenzioni e le sue ipocrisie, Pozdnyšev confessa il proprio terribile segreto. Dopo aver presentato alla moglie un musicista, egli inizia a sospettare una relazione tra i due. In particolare, una sera, mentre i due eseguono l’uno al violino, l’altra al pianoforte la Sonata a Kreutzer di Ludwig Van Beethoven, l’uomo avverte l’intero peso dei propri dubbi. Ecco un passaggio in cui l’uomo parla della moglie, e definisce attraverso la musica il suo possibile rivale:
Mi irritava in special modo il constatare che in lei non esisteva nei miei riguardi altro sentimento all’infuori di una persistente animosità, soltanto di rado interrotta da una sensualità ordinaria; mentre quell’uomo, sia per la sua esteriore eleganza e novità, sia soprattutto per il suo indubbiamente notevole genio musicale, per l’accostamento provocato dal sonare insieme, per l’influsso che la musica, e in modo speciale il violino, esercita sulle nature impressionabili, quell’uomo doveva non dirò piacerle, ma sicuramente e senza la minima esitazione vincerla, gualcirla, piegarla, torcerla come una fune, farne tutto ciò che voleva.
Per illustrare il passaggio del libro, ho scelto il quadro ad olio Beethoven di Lionello Balestrieri (Cetona, 1872-1958), attualmente al Museo Revoltella di Trieste. La chiusura dello spazio nel quadro, l’ambiente dove i personaggi sono come imprigionati, il gesto dell’uomo che si nasconde il viso tra le mani (non si capisce se per disperazione o per ascoltare meglio la musica), i colori cupi utilizzati – con la sola eccezione della luminosa camicetta, dei capelli biondi e del rosso della gonna di lei – lo rendono un quadro ideale ad essere accostato con questo romanzo sul sospetto, sul disprezzo e sulla follia.
TATTO: Jane Eyre di Charlotte Brontë,
Confesso che i miei neuroni hanno lavorato come matti nel recuperare una scena letteraria collegata a questo senso, di tutti il più umile e il più bistrattato. Avevo in mente un’altra scena, contenuta in questo romanzo – quando Mr Rochester, travestito da chiromante, vuole leggere la mano all’istitutrice Jane Eyre allo scopo di farle rivelare i suoi sentimenti – ma la ricordavo in modo sbagliato. Poi mi è venuta in mente la scena finale del romanzo, per cui da qui in poi ci sarà dello
SPOILER: Jane Eyre ritorna finalmente a Thornfield e scopre che la moglie pazza del suo padrone ha dato fuoco alla dimora ed è morta tra le fiamme. Mr Rochester, di cui è innamorata, è diventato cieco. Il passaggio che vi propongo è il riconoscimento di lui:
“Dov’è chi parla? È solo una voce? Oh! io non posso vedere, ma devo sentire, o il cuore mi si fermerà e il cervello andrà in pezzi. Chiunque… dovunque voi siate… lasciatevi toccare o morirò!”Brancolò: io fermai la sua mano errante e la strinsi fra le mie.”Le sue dita!” gridò; “le sue piccole dita sottili! Allora deve esserci anche lei.”La sua mano muscolosa si liberò dalla stretta; mi afferrò il braccio, la spalla… il collo… la vita… mi trovai tutta unita e avvinta a lui.”È Jane! Che cosa succede! E il suo corpo… sei tu…””È la sua voce,” aggiunsi. “È tutta lei: anche il suo cuore. Dio vi benedica, signore. Sono felice di esservi ancora così vicina.””Jane Eyre!.. Jane Eyre!” non poteva dire altro.
FINE SPOILER
Beh, che ne pensate? Altro che certi romanzi erotici pieni di cosiddette sfumature! Per questa scena dedicata al tatto, ho scelto un ritratto di amanti, stavolta di Tranquillo Cremona, dal titolo Tenerezze.
E per voi quali sono i romanzi o i celebri passaggi che vi hanno fatto pensare all’esaltazione di un senso particolare?
Avevi ragione a dire che questo post mi avrebbe ispirato. Pensa che tra le tante bozze che ho sulla dashboard c'è ne anche una in cui accosto un particolare romanzo al colore bianco e al senso della vista. Gli altri sensi non li avevo però presi in considerazione, non essendo io partito dal presupposto sensoriale ma dal colore.
Comunque ho già un altro romanzo ancora in mente per la vista ed è uno di cui parlerei molto volentieri.
Anche il racconto collegato all'udito mi è venuto subito e poco dopo quello collegato all'olfatto. Mancherebbe il tatto, ma certo qualcosa trovo. La ricerca dei quadri poi è sempre appassionante… Insomma, come avrai capito, sono della partita anche stavolta.
Riguardo poi al post sulle stagioni, siamo stati in diversi a partecipare. Oltre a me e a Marina, hanno raccolto l'invito Ariano Geta e Patricia Moll, e forse ce ne sono stati anche altri che adesso non ricordo.
Ciao Ivano, grazie del tuo commento, sono contenta che le mie iniziative ti ispirino. 🙂 Lo stesso posso dire anche di te, i tuoi post sono sempre ricchissimi di spunti.
Mi sembra molto bella la tua idea di accostare un romanzo a un solo colore, anche. Come sempre, interpreterai l'idea nel tuo modo personale, ed è quello il bello degli spunti. Sarà curiosa di vedere le tue scelte.
Andrò anche a curiosare sui blog di Ariano Geta e Patricia Moll a proposito dell'accostamento di romanzi e stagioni, grazie di avermelo detto.
Anche il blog "La nostra libreria" di Glò e Michele ha partecipato al meme sulle stagioni.
Ah, allora devo darmi da fare per rintracciarli! Grazie anche di questa indicazione.
@Ivano: ho guardato sui blog che mi hai menzionato, e li ho trovati tutti (lasciando anche un commento), tranne che sul blog di Patricia Moll.
E' vero, non lo ritrovo neanche io. Non vorrei essermi confuso con il blog di Giulia. Vado a dare un'occhiata.
In effetti sul blog di Giulia c'è.
http://liberamentegiulia.blogspot.it/2016/02/stagioni-di-libri.html
Forse mi sono confuso perché una delle stagioni è abbinata al Piemonte, la regione di Patricia.
@Ivano: grazie mille! Ora aggiungo e quindi aggiorno…
Dei libri che hai citato non ne ho letti nessuno, anche se La sonata a Kreutzer mi ha sempre attratto, conoscendo la composizione di Beethoven. bellissimo, a proposito, il quadro di Ballestrieri che mi era ignoto.
La storia della fabbrica di cioccolato la conosco invece dal film di Tim Burton che, a giudicare dal tuo sunto, sembra abbastanza fedele.
Sempre rimanendo nell'ambito dei cinque sensi, ho la sensazione che ti piacerebbe molto "Il mio nome è rosso" di Pamuk. Per l'udito avevo pensato anche a "Canone inverso" di Maurensig, ma non riuscivo più a ricordarmi dove fosse il libro, per poterne riportare un passaggio. Questo mi ha fatto decidere per un'operazione di pulizia e riordino delle mie librerie!
Facilissimo col gusto, ce ne sono tanti, nei miei romanzi il cibo è spesso, non sempre, protagonista fin dal titolo "colazione, frollini, cene". Mi viene in mente anche Cioccolata da Hanselmann di Rosetta Loy un'autrice che ho molto amato da ragazza. Con gli altri sensi è molto più complicato, direi. Sandra
Ciao Sandra, grazie del commento. Per il gusto mi era venuto in mente anche "Chocolat", ma non l'ho letto, avevo soltanto visto il film. La stessa cosa di "Come l'acqua per il cioccolato". Infatti metto sempre esempi di libri che ho letto. Hai ragione, per il gusto ce ne sono tanti, ricordo ora "Il pranzo di Babette", racconto di Karen Blixen.
L'olfatto e il tatto sono i più difficili da abbinare!
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Davvero bello anche questo post di accostamento ai cinque sensi.
Conosco Pamuk, ma non il libro che citi (a proposito di colore rosso, io ho ancora fresco in mente il quadro di Matisse, che ho inserito nel mio ultimo articolo:"armonia in rosso"). Perfetti olfatto con "Il profumo" di Suskind, uno delle mie letture di gioventù preferite e gusto con "La fabbrica di cioccolato" (indimenticabile Willy Wonka del film). Anch'io leggendo la tua premessa ho subito pensato a Suskind, mentre per il gusto mi sono avvicinata pensando al libro "Chocolat" di Joanne Harris.
(Ho visto ora che era venuto in mente anche a te!)
Grazie del commento, Marina. 🙂
Di Pamuk avevo letto come primo romanzo proprio "Il mio nome è rosso", ricordo di aver pensato: "Questo è un romanzo che mi piacerebbe aver scritto io." Sul quadro di Matisse inserito nel tuo blog, mi viene sempre in mente un aneddoto: in una letteratura in lingua inglese avevamo inserito proprio quel quadro accanto a un passaggio di Molly Bloom nell'Ulysses di Joyce. L'unico obbligo era quello di chiedere il permesso all'erede, che se non sbaglio era il nipote. Non ci avrebbe fatto pagare nulla, ma voleva vedere la pagina in cromaline per verificare in colori. Beh, non lo avevamo mica inserito all'incontrario? Che figura!
Per quanto riguarda il gusto, mi era venuta in mente come prima scena anche la madeleine di Proust, ma magari la vorrà usare Ivano. 😉
Brava Cristina, che ti sei fermata in tempo. Già una volta ho sorvolato e non ti ho fatto pagare i diritti sulle “Fanciulle in fiore”, ahahahah!
Scherzi a parte, ci hai azzeccato: d’impulso ho pensato davvero alla madeleine. Ma non ho ancora preso nessuna decisione definitiva, perché al momento sono al lavoro su due post molto impegnativi relativi a due serie già avviate.
E' vero, ho scoperto che quando c'è di mezzo Proust devo stare in campana! 🙂 Io invece sono pronta a usare lo schioppo quando qualcuno menziona la Rivoluzione Francese, soprattutto a sproposito come ha fatto Fred Vargas nel suo giallo "Tempi glaciali" in un paio di passaggi. Sul Medioevo invece sono largamente indulgente, specie perché si parla di parecchi secoli e quindi si può pescare a piene mani e gli stessi storici litigano tra loro.
Ciao Cristina, ma che bello questo tipo di approccio. Sono colpito. Bravissima.
Ciao Massimiliano, e benvenuto nel blog. Grazie mille per l'apprezzamento sull'articolo, anche perché – non sembra – ma ci ho lavorato parecchio. 🙂
No, no, il lavoro si percepisce eccome. Di nuovo complimenti.
Grazie, Massimiliano.
Bellissimo post e bellissime scelte! Sono d'accordissimo con tutti i libri che hai scelto (con quelli che ho letto, ovviamente).
Quando ho visto il titolo del post ho pensato subito al Profumo di Suskind per l'olfatto, e ho trovato azzeccatissima La fabbrica di cioccolato per il gusto, uno dei primi libri che ho letto da bambina!
Ripeto: bellissimo post 🙂
Ciao Patty, grazie mille del commento e del fatto che tu abbia gradito tanto il post. 🙂
"La fabbrica del cioccolato" l'avevo letto tardi, per via di mio figlio che all'epoca frequentava le medie. Di Dahl ho letto anche l'imperdibile "Matilda" e il divertente "Gli sporcelli". Conservo tutti e tre gelosamente, anche se ormai il figlio è ormai grandicello.
Molto bello anche questo post! Credo che per vista, udito e gusto avrei fatto la tua stessa scelta in fatto di libri, molto particolari invece udito (io sceglierei "Almost blu" di Lucarelli) e tatto, per cui in effetti anch'io mi trovo in difficoltà, dato che amo molto Jane Eyre, comunque, applaudo la tua scelta.
Grazie mille! In effetti non ci sono molto libri abbinabili al tatto, almeno non libri che io abbia letto. Ad esempio anche il bellissimo racconto "La cattedrale" di Carver, in cui un uomo deve spiegare a un cieco com'è una cattedrale, non implica tanto il tatto quanto la vista. Non mi sono venuti in mente passaggi con persone che accarezzano stoffe, come mercanti di tessuti ad esempio. Oppure bisognava andare sulla letteratura erotica!
Infatti io pensavo a "L'amante di lady Chatterly" per una generale rivalutazione dei sensi…
Sì, mi ricordo il tuo post con questo romanzo, che ti era molto piaciuto. Io l'avevo letto un secolo fa e ai miei tempi apparteneva ancora all'elenco dei libri proibiti.
Molto interessante come spunto, ma anche difficile, più difficile rispetto alle stagioni, quindi complimenti doppi. Mi piacerebbe partecipare ma devo prima fare mente locale sui cinque sensi nella narrativa che ho letto e non sarà una cosa breve. Anche per le arti figurative non sarà una ricerca breve…
Grazie del commento, Ariano. Sì, mi sono lanciata nell'impresa ma devo dire che è stata dura. La mia memoria non è più quella di una volta! Però è comunque un bell'esercizio, da fare al posto delle parole crociate… 🙂
Non mi cimento perché non ne sono in grado, ma che stupendo post, sotto ogni aspetto! Leggerlo è un piacere multiplo. 🙂
L'unica cosa che manca è inserire il profumo… verrà un giorno in avremo gli schermi che sprigioneranno olezzi a comando. O, ancora meglio, le pagine dei romanzi. 🙂
Bellissimo anche questo post, dopo le quattro stagioni i cinque sensi, fantastico, mi piacerebbe cimentarmi anche in questo esercizio. Non so quando ma ci proverò. Sei davvero brava Cristina, complimenti!
Ciao Giulia, e benvenuta nel blog. Una delle cose belle è che si scoprono nuovi libri, e poi anche c'è la possibilità di approfondire blog interessanti come il tuo.
Mmh… però hai dimenticato il sesto senso, ovvero l'equilibrio!
A me viene in mente per l'olfatto Shakespeare: "Una rosa, anche chiamata con altro nome, non conserva forse lo stesso dolce profumo?"
Volendo, si può intendere il sesto senso anche come capacità di percezione extrasensoriale.
Giusto l'accostamento dell'olfatto al passaggio di Shakespeare. Si potrebbe ampliare gli abbinamenti anche alla poesia, citando a questo proposito le molte scritte da Emily Dickinson. Ma ci vorrebbe un post solo dedicato a questo!
Mah, è un po' un ossimoro intendere un "senso" una percezione "extrasensoriale", cioè al di fuori dei sensi.
Per gli animali terrestri si intende l'equilibrio propriamente come sesto senso.
Giusta osservazione. Mi scriveresti qui l'indirizzo del tuo blog, così lo aggiungo al mio blogroll? 🙂
Ma certo. 🙂
http://arcaniearcani.blogspot.it/
Grazie! Ecco fatto.
Bravissima Cristina con questi accostamenti e per l'idea che hai avuto. Non deve essere stato un lavoro facile scovare queste affinità, soprattutto per la pittura.
Non credo proprio sarei in grado, quindi mi limito a farti tanti complimenti 🙂
Grazie del commento e dei complimenti, Maria Teresa. In effetti su alcuni sensi (come il tatto) ho dovuto penare parecchio per trovare qualcosa di plausibile. Con la vista invece c'è solo l'imbarazzo della scelta!
Carissima Cristina, prima di tutto grazie per la citazione (a nome del team de la nostra Libreria): partecipare al tuo precedente e "involontario" meme è stata una bellissima esperienza! Dicevo altrove che mi ha consentito mi mettermi alla prova come lettrice, facendo un discreto lavoro per le associazioni quadro-brano-stagione! Da questi giochi da blogger nascono sempre stimoli e idee, oltreché spunti per nuove letture 😀
Questo nuovo post è moooolto stuzzicante XD Ci penso su, anche se nell'immediato non potrò realizzare (sia per periodo mio caotico e di scarsa organizzazione, sia per banale scaletta del blog :P).
Le tue associazioni legate ai cinque sensi sono veramente interessanti: hai scelto brani perfetti! Tra i cinque titoli proposti, ho letto soltanto La Sonata… di Tolstoj e Jane Eyre, ma Dahl e Süskind sono tra le future letture. Pamuk mi incuriosisce eppure lo rimando da anni!
A rileggerci ^_^
Carissima Glò, un benvenuto a te e al resto del team come prima cosa. Ci siamo incrociate varie volte, sul blog di Maria Teresa se non erro… il vostro avatar non mi è certamente nuovo!
Per quanto riguarda il precedente post associativo, sono rimasta io stessa stupita per il seguito che ha avuto, dato che è stato un esercizio difficile per tutti quanti e per nulla scontato.
A me piace molto fare questi abbinamenti che in campo scolastico si definirebbero "cross-curricular" e che permettono di avere una visione omnicomprensiva, quasi olistica direi! Il collegamento con i cinque sensi è parecchio difficile. Comunque vi prometto altre sorprese in questa direzione.
A presto, e buon tutto. 🙂