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Aprile si sta rivelando come al solito dolce e nutriente, e non a caso è il mese più importante di sempre. Da tempo immemorabile è stato un mese cruciale, nel bene e nel male, e per rendergli debito omaggio mi servo dell’immagine contenuta ne Le Très Riches Heures du Duc de Berry, un codice miniato del 1412-16 circa, capolavoro dei Fratelli Limbourg e della pittura franco-fiamminga del XV secolo.

Il riferimento alla Francia non è casuale. Ho inaugurato il mese inviando finalmente il mio romanzo sulla Rivoluzione francese, intitolato I serpenti e la Fenice, per partecipare al concorso di Neri Pozza, e di recente mi è ritornata indietro la tanto sospirata ricevuta della raccomandata.

Non credo molto nei concorsi, ma ho deciso di dare un’opportunità a questo libro e, mal che vada, è senz’altro pronto per l’autopubblicazione o altre riflessioni. Tra i motivi di speranza, c’è il fatto che la casa editrice Neri Pozza ha una validissima collana di romanzi storici e biografie, e una giuria attenta al genere. La scadenza è il 15 maggio e, se avete intenzione di partecipare anche voi, potete trovare tutti i dettagli al seguente link.

I serpenti e la Fenice  è un romanzo che, guarda caso, iniziai a scrivere nel mese di aprile di tre anni fa, e che avevo mandato in lettura a una editor che mi ha consigliato di partecipare al concorso. Una volta conclusi i miei terrificanti esami universitari di gennaio, e dopo che si è arrestato il mio turbine lavorativo, ho potuto finalmente riprendere in mano il manoscritto. Ho voluto rileggere il romanzo con la modalità della lettura a voce alta, che non avevo mai sperimentato, e così facendo gli ho dato un’altra bella ripulita. Questo mi ha portato via più tempo del previsto, ma, in considerazione del fatto che la scadenza non era troppo ravvicinata, ho voluto fare le cose con calma, cioè correggere alcuni aspetti, provvedere a dare gli ultimi tocchi e poi la lucidata finale. In generale detesto lavorare sotto pressione, e in particolare quando scrivo, perché nel romanzo storico la qualità difficilmente è associata alla fretta. Con questo romanzo penso di aver fatto un buon lavoro, come un artigiano che ha appena finito di costruire un bel mobile. Voi direte: “Va beh, non ci dici niente di nuovo: ogni scarrafone è bello a mamma sua!” ma in questo caso posso dire, senza falsa modestia, che il mobile mi piace ed è venuto bene assai.

Ma non volevo parlarvi oltre del romanzo, bensì della questione delle citazioni.

Le citazioni nel nuovo romanzo

Quando ho cominciato a scrivere la storia, avevo in mente un’unica opera, che si aggirasse attorno alle seicento pagine come A place of greater safety di Hilary Mantel. Invece il periodo storico turbolento e i miei amici rivoluzionari si sono rivelati una vera miniera d’oro da sfruttare, e ho deciso di comporre una serie, anche su suggerimento di un’amica.

Ragion per cui ho dovuto cambiare in primo luogo il titolo per renderlo più aderente al contenuto, e poi la citazione iniziale, tratta dalla poesia “Piccolo testamento” di Eugenio Montale e che destinerò all’ultimo libro.

Ho trovato due citazioni che facevano al caso mio. La prima è tratta dall’Inferno di Dante incentrata sulla fenice, uccello che, come sapete, muore tra le fiamme, e rinasce dalle sue ceneri, come in questa immagine tratta da un Bestiario medievale. La seconda riguarda un passo nel libro dell’Apocalisse con gli angeli ribelli che vengono precipitati sulla terra. Per una serie di motivi che non vi sto a spiegare, mi sono sembrate ambedue molto adatte, mentre una terza, più scherzosa e che riguarda la fenice associata all’amore, tratta da un’aria di Metastasio, l’ho messa in bocca a uno dei personaggi, che tra le altre cose è un autore di teatro, e recita lui stesso.



Le citazioni nei romanzi già pubblicati

Il Pittore degli Angeli

Amo molto inserire delle citazioni negli occhielli dei miei romanzi. Ad esempio per Il Pittore degli Angeli uno dei temi portanti è la superbia in campo artistico, espressa in modo particolare da Tiziano Vecellio, e di conseguenza dalla sua lotta senza esclusione di colpi per mantenere la fama raggiunta. Per questo romanzo ho scelto:

Di tal superbia qui si paga il fio;

e ancor non sarei qui, se non fosse
che, possendo peccar, mi volsi a Dio.
Oh vana gloria dell’umane posse!
com poco verde in su la cima dura.
se non è giunta dall’etati grosse!
Credette Cimabue nella pintura
tener lo campo, e ora ha Giotto il grido
sì che la fama di colui è scura.

(Dante Alighieri, Purgatorio, canto decimoprimo)

La Terra del Tramonto

La Terra del Tramonto è il primo romanzo mistico-avventuroso della mia saga ambientata durante la Prima Crociata del 1095. Per questo romanzo, ambientato prevalentemente nel mondo musulmano, ho scelto:

Dell’inizio e della fine di questo mondo
Non sappiamo nulla:
Perché, di questo vecchio libro,
il primo e l’ultimo foglio mancano.

(Abu Tlib Kalim, poeta indo-persiano del XVII secolo)

Le Strade dei Pellegrini

… ovvero la seconda storia che continua nella narrazione delle travagliate e avventurose vicende dei protagonisti, con fughe, imboscate, incontri, scontri, e un lungo viaggio alla scoperta dei santuari della cristianità e anche di se stessi:

Ho bevuto l’amore, calice dopo calice:
il bere non si esaurì mai, e neppure mi saziai.

(’Ainul Qudat Hamadhani, IX secolo)


Qui non ci sono soltanto estratti di opere musulmane o sufi, ma anche stralci da altre opere celeberrime come I racconti di Canterbury di Geoffroy Chaucer del 1387-88 (“Dio preservi tutta questa splendida compagnia.”). Diciamo che, nell’economia di un romanzo di seicento pagine suddiviso in parti, una citazione per ogni occhiello sta bene, in caso contrario sarebbe come mettere troppe spezie in una pietanza. 


Le Regine di Gerusalemme


Per il terzo romanzo della saga crociata, Le Regine di Gerusalemme, che ho ripreso in mano non appena licenziato il romanzo per il concorso (fuori uno, sotto un altro!), e che penso di ultimare entro uno o due mesi perché mi mancano integrazioni su una parte incentrata sull’alchimia, mi sono sbizzarrita a trovare delle belle citazioni tratte dai poemi d’amore occitani e dei trovatori, ma non solo. Nel romanzo il protagonista è l’eros, ma anche forze oscure che si annidano nel Tempio di Salomone e che vengono finalmente allo scoperto…




Il mio metodo di ricerca

Di solito mi servo di libri che ho a casa e il cui contenuto conservo nella memoria in modo approssimativo. Per le opere della saga crociata ho una raccolta di detti dei saggi sufi, oppure mi annoto qualche idea. Com’è ovvio, uso anche internet per eseguire la ricerca, procedendo però a riscontri incrociati per controllare l’esattezza della citazione e altre questioni come la punteggiatura, che molti siti riportano in maniera disinvolta.

Quando un passaggio non mi convince, proseguo nella ricerca, un po’ come quando si va a comprare un abito da indossare a un matrimonio, e si butta per aria il negozio fino a quando non si trova quello che va a pennello. Il problema sorge quando ci si imbatte in tante frasi incisive e meravigliose, e tutte sembrano fare al caso nostro.
Perché si usano
Già, ma per quali motivi si inseriscono le citazioni nei romanzi, al di là della moda o del vezzo? Ci ho ragionato sopra e ho provato a dare le seguenti risposte:

1. Le parole degli scrittori e poeti del passato fungono da ideale raccordo con il presente.
2. Sono come un autorevole endorsement, come essere presentati a un club, e pazienza se gli autori sono spesso defunti e quindi non possono protestare.
3. Queste persone scrivono senz’altro meglio di noi, e se c’è qualcosa di valido nel libro, almeno questo sarà rintracciabile nelle citazioni. Magra consolazione, ma tant’è…
4. Le citazioni costituiscono una sorta di cuore del romanzo e come tale lo anticipano, pur senza svelare troppo.

Non mi vengono in mente altre ragioni!

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E voi inserite nei vostri romanzi passaggi da altre opere, poesie, canzoni, leggende e detti, e come fate a scegliere?

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Fonte immagini: Wikipedia