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Nel primo post di questa serie mi sono occupata dei cattivi letterari, presentandovi un bel terzetto, cioè Long John Silver, James Steerforth e Annie Wilkes. Se volete leggere l’articolo, lo trovate qui.

Il titolo di questo post contiene invece una frase di Publilio Siro, un drammaturgo romano vissuto nel I secolo a.C. e riguarda la punizione che inesorabilmente attende la persona malvagia. Già, perché nello sviluppo di un romanzo il cattivo deve essere condotto al suo destino di espiazione fisica o spirituale, cioè lo scrittore dovrebbe fungere da giustiziere per conto di tutti i lettori. Siccome sulla terra sembra che i cattivi sfuggano troppo facilmente, e che domini il caos, che almeno sulla carta giustizia sia fatta!

E invece alle volte i cattivi riescono a cavarsela a buon mercato e la delusione dei lettori, che ne hanno invocato a gran voce il castigo, è grande. Ad esempio, nel romanzo La mano di Fatima di Ildefonso Falcones, Brahim, il patrigno del protagonista Hernando Ruiz, soprannominato Nazareno per i suoi occhi azzurri, è una figura ripugnante e odiosa al tempo stesso. Il romanzo è ponderoso e consta di 911 pagine, e questo losco figuro imperversa nel corso di circa 800 pagine, per poi essere fatto fuori in un paio di paginette. Ma come? E noi che pregustavamo una fine tra orribili patimenti, e questo se ne va all’altro mondo in un battito di ciglia? Può darsi che lo scrittore fosse sfinito e non ne potesse più, e posso ben capirlo, ma non si fa così.

Per consolarci vediamo dunque altri tre cattivi che, in modi differenti, vanno incontro alla loro giusta punizione.


4. Don Rodrigo in I promessi sposi: il bullo ricco e viziato

Si tratta del tirannello mediocre che spadroneggia in Italia nel corso del Seicento. Vive in un “palazzotto” isolato, “a somiglianza d’una bicocca, sulla cima d’uno dei poggi ond’è sparsa e rilevata quella costiera […]. Appiè del poggio, dalla parte che guarda a mezzogiorno, e verso il lago, giaceva un mucchietto di casupole, abitate da contadini di don Rodrigo; ed era come la capitale del suo piccolo regno.”

Non ci sono descrizioni fisiche di don Rodrigo e non è nemmeno un cattivo interessante dal punto di vista psicologico. Tuttavia, come generazioni di scolari prima di me, l’ho incontrato  attraverso le pagine del romanzo di Manzoni, e quindi mi sembra quasi uno di famiglia, sia pure nei panni della classica pecora nera. Mi sono fatta l’idea di un giovane prestante e vanesio, con i baffetti da sparviero secondo la moda spagnola. Forse è anche un tantino annoiato e insicuro, dato che non è capace di corteggiare e sedurre le donne ma soltanto di prendersele con la forza. Probabilmente, se fosse riuscito nel suo intento di avere Lucia, se ne sarebbe stancato velocemente e l’avrebbe buttata via come una bambola rotta.

Cerca infatti di impedire le nozze tra Renzo e Lucia intimidendo il povero curato don Abbondio tramite i suoi sgherri, i cosiddetti bravi. Tenta inutilmente di far rapire Lucia una prima volta, nella “notte degli imbrogli”, ma il Griso e i suoi uomini ritornano al palazzo a mani vuote. Ecco una descrizione particolarmente significativa dei pensieri di don Rodrigo, che in qualche modo teme i sospetti sul suo conto e l’intervento del podestà e della giustizia.

Ma il pensiero sul quale si fermava di più, perché in esso trovava insieme un acquietamento dei dubbi e un pascolo alla passione principale, era il pensiero delle lusinghe, delle promesse ch’egli adoprerebbe ad imbonire Lucia. — Avrà tanta paura di trovarsi qui sola, in mezzo a costoro, a queste facce, che il viso più umano qui son io, per bacco…. che dovrà ricorrere a me, piegarsi ella a pregare; e se prega…. —
Mentre fa questi bei conti, ode un calpestìo, va alla finestra, apre un pochetto, fa capolino; son dessi. — E la lettiga? Diavolo! dove è la lettiga? Tre, cinque, otto; ci son tutti; c’è anche il Griso; la lettiga non c’è: diavolo! diavolo! il Griso me ne renderà conto.—

Come tutti sanno, don Rodrigo fa una brutta fine, poiché si ammala nel corso dell’epidemia di peste che devasta il nord Italia e, abbandonato dai suoi sgherri, viene trasportato nel lazzaretto di Milano. Là viene mostrato, agonizzante, da padre Cristoforo a Renzo, come esempio non soltanto di collera divina, ma della necessità del perdono per tutte le malefatte da lui commesse.

Il musical: I promessi sposi – Opera moderna (2010)

Alcune nuove interpretazioni tendono a rendere il personaggio più sfaccettato di quanto non sia sulla carta. Uno degli esempi più recenti è I promessi sposi – Opera moderna, una rappresentazione scenica di produzione italiana a metà strada fra il musical e l’opera rock. È andata in scena per la prima volta nel 2010. Vi propongo il brano “Che cos’è questo fuoco?” in cui un don Rodrigo esplosivo cerca di esprimere il fuoco della passione che lo divora nei confronti di Lucia. Mi sembra che in questa versione don Rodrigo sia parecchio più fascinoso di Renzo. Voi che ne dite?

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5. Iago in Otello: il manipolatore e il suo mistero

Otello è una tragedia di Shakespeare scritta agli inizi del XVII secolo. Otello è un moro al servizio della Repubblica di Venezia, al quale è stato affidato il compito di comandare l’esercito veneziano contro i turchi nell’isola di Cipro. Otello parte da Venezia in compagnia del luogotenente Cassio. Lo segue Desdemona, sua moglie, scortata da Iago e dalla sua consorte Emilia. Desdemona è sposata con Otello in gran segreto, ma la circostanza viene svelata da Iago. All’arrivo, scoprono che la flotta turca è stata distrutta dalla tempesta.

L’infido Iago tenta in vari modi di far destituire Cassio, riuscendoci infine con uno stratagemma, grazie all’aiuto di Roderigo. Con l’ignara complicità della moglie Emilia, Iago fa arrivare un prezioso fazzoletto di Desdemona tra le mani di Cassio, convincendo Otello (che osserva di nascosto su consiglio di Iago) del tradimento di Desdemona. Le false difese di Cassio da parte di Iago, e le sue studiate reticenze, sono la parte centrale dell’opera di persuasione che sfocia nella furia cieca del Moro. Otello uccide Desdemona nel letto nuziale soffocandola con un cuscino, travolto dalla gelosia.

Ebbene, Iago è il manipolatore per eccellenza, e nello stesso tempo è un autentico mistero, perché le sue azioni mi sono sempre sembrate del tutto immotivate. Qual è lo scopo di Iago? Ama Desdemona e odia Otello? Ama Otello e odia Desdemona? Ama entrambi e vuole formare una sorta di triangolo amoroso? Oppure il suo vero obiettivo è soltanto il potere, essendo invidioso di Cassio perché lo ha scavalcato? Nella tragedia egli insinua che Otello sia andato a letto con sua moglie Emilia, ma il tutto non è per niente chiaro e anche Samuel Taylor Coleridge è d’accordo con me. Puntando sulla latente gelosia di Otello, vuol forse mettere in scena quella che lo divora

«Oh, guardatevi dalla gelosia, mio signore. È un mostro dagli occhi verdi che dileggia il cibo di cui si nutre. Beato vive quel cornuto il quale, conscio della sua sorte, non ama la donna che lo tradisce: ma oh, come conta i minuti della sua dannazione chi ama e sospetta; sospetta e si strugge d’amore!»

Che in questa frase ci sia la vera chiave di lettura del personaggio?

Il film: Othello (1995)

Othello è un film del 1995 diretto da Oliver Parker, basato sull’omonima tragedia di William Shakespeare, ed interpretato da star cinematografiche del calibro di Laurence Fishburne (Otello), di Irène Jacob (Desdemona), di Kenneth Branagh (Iago).

Il film ebbe scarsi incassi, ma ricevette recensioni ampiamente positive, soprattutto per l’interpretazione di Iago da parte di Branagh. Janet Maslin ha scritto sul New York Times: “la prestazione superba del sig. Branagh, nel ruolo dell’uomo i cui machiavellici intrighi guidano la storia della caduta di Otello, garantisce in questo film una immediatezza che qualsiasi pubblico capirà“.


6. Milady in I tre moschettieri: spia e femme fatale

Il romanzo I tre moschettieri è stato scritto da Alexandre Dumas nel 1844 e i tre moschettieri del titolo sono Athos, Porthos e Aramis, a cui poi si aggiunge il protagonista del romanzo, il guascone D’Artagnan. Le vicende ruotano attorno a un intrigo alla corte di Francia, le cui fila sono tirate dal cardinale Richelieu, volto a screditare la regina Anna. Quest’ultima ha donato al suo amante, il duca di Buckingham, dodici puntali di diamanti, un vecchio regalo del re di Francia alla sposa.

Già, ma chi è Milady, questa spia al servizio del potente cardinale? Intanto, come tutte le spie che si rispettino, è una vera trasformista. Ecco le sue identità:
. Anne de Breuil: nome di nascita
. Contessa de la Fère: titolo che Milady assunse dopo aver sposato il Conte de la Fère
. Milady de Winter, baronessa Sheffield: titoli che Anne assunse col secondo matrimonio
. Lady Clarick: essendo rimasta vedova, Milady assume il fittizio cognome Clarick
Inoltre Charlotte Backson è il falso nome che suo cognato, lord de Winter scrive sul documento con cui tenta di mandarla in esilio.


Avete già il mal di testa, vero? 🙂 La donna è bellissima, fa innamorare di sé tutti gli uomini del romanzo, incluso d’Artagnan, e il suo terribile potere seduttivo è bene espresso in questo passaggio:

Milady assunse l’aria più affettuosa che le fu possibile e si lanciò in una conversazione brillante. Nello stesso tempo, con la febbre che l’aveva abbandonata tornavano lo splendore ai suoi occhi, il colorito alle sue guance, il carminio alle sue labbra. D’Artagnan ritrovò la Circe che lo aveva già avviluppato nei suoi incantamenti. L’amore, che credeva assopito, si risvegliò nel suo cuore. Milady gli sorrise ed egli capì che per quel sorriso si sarebbe dannato.

Pur in mezzo alla frenesia della storia, tra cavalcate, diamanti, carrozze, inseguimenti, duelli, duchi e guardarobiere e balli, Athos trova il tempo di raccontare all’amico di una strana storia d’amore, spacciandola per una vicenda accaduta a un suo conoscente.

“Per sua disgrazia egli era un uomo onesto e la sposò. Sciocco, ingenuo, imbecille!” “Perché? Se l’amava?” domandò d’Artagnan. “Aspettate” disse Athos. “La condusse al suo castello e fece di lei la prima signora della provincia; bisogna renderle giustizia, essa era perfettamente all’altezza del suo compito.” “E allora?” disse d’Artagnan. “Allora, un giorno in cui era a caccia col marito” continuò Athos a voce bassa e parlando precipitosamente “essa cadde da cavallo e svenne; il conte si slanciò per aiutarla e poiché essa soffocava nei suoi abiti, egli li tagliò col pugnale e le scoprì una spalla. Indovinate ciò che aveva sulla spalla?” disse Athos scoppiando a ridere. “Come posso saperlo?” domandò d’Artagnan. “Un fiordaliso” disse Athos. “Essa era marcata.” E Athos vuotò d’un fiato il bicchiere che aveva in mano. “Orrore!” esclamò d’Artagnan “che cosa mi dite!”


All’epoca si usava marchiare a fuoco, con un ferro arroventato a forma di fiordaliso, la spalla della ladra o del ladro… e apprendiamo in seguito – colpo di scena! – che il conte de la Fère è nientepopodimeno che Athos, a mio parere il più affascinante dei moschettieri, che dunque è stato il marito di Milady. La coppia si è lasciata molto male, e durante i loro incontri, in cui si minacciano a vicenda con pistole e altri arnesi, sprizzano scintille. Però c’è sotto qualcosa, come se un brivido di eccitazione corresse tra l’una e l’altro. Il freddo, affascinante Athos non la racconta giusta…


Alla fine Milady viene catturata e consegnata alla pubblica autorità, e quindi qui è la giustizia terrena che esercita la sua durissima azione punitiva.


Il film: I tre moschettieri del 2011

Devo dirvi la verità, non ho ancora trovato un film su questo romanzo che mi soddisfi pienamente. Scelgo quindi questa versione fantasy con alcune divertenti trovate, diretta da Paul W. S. Anderson. Abbino un’immagine con Milla Jovovich nei panni della perfida Milady, con indosso un favoloso abito; e una nota di merito va a Christoph Waltz nel ruolo del cardinale Richelieu. A proposito, Sua Eminenza il cardinale è un altro che meriterebbe di entrare nel novero dei migliori malvagi di tutti i tempi… e il problema era che lo era anche nella realtà!

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E voi avete mai letto un romanzo o visto un film dove il cattivo non è stato punito adeguatamente? Avete provato il desiderio di riscrivere la fine per lo stesso motivo?

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Fonti testo:

  • I promessi sposi di Alessandro Manzoni – Rizzoli
  • Otello di William Shakespeare – Einaudi
  • I tre moschettieri di Alexandre Dumas – LiberLibri
  • Wikipedia per le trame dei libri e dei film

Fonti immagini:

  • Dora Maar e il gatto di Pablo Picasso, 1941, il web
  • Wikipedia per il resto